Donald Trump dà voce alle contraddizioni di questi tempi

Secondo il Wall Street Journal, Donald ha messo fine all’età della globalizzazione: ciò che i progressisti non capiscono
di Corrado Oconelunedì 7 aprile 2025
Donald Trump dà voce alle contraddizioni di questi tempi
3' di lettura

Secondo il Wall Street Journal, Donald Trump ha messo fine all’età della globalizzazione: il mondo fa un passo indietro, tornando a chiudersi e a dividersi in aree imperiali di influenza. Il sistema unico del commercio mondiale crolla miseramente. Messe così le cose, tutto sembra fin troppo semplice, un semplice alternarsi di epoche storiche: dalla democrazia si torna all’autoritarismo, dal libero commercio allo statalismo e al protezionismo.

Molti elementi non tornano, però. Intanto, l’imperialista fa la guerra con le armi e non cerca la pace con gli avversari, né il negoziato, come sembra voler fare Trump. Poi, a trionfare in America non sembra essere affatto lo Stato burocratico a cui i liberali si sono sempre opposti: quello della sburocratizzazione e semplificazione legislativa è anzi uno dei punti chiave del programma trumpiano. Così come non è irrilevante che attorno a Trump si siano aggregati capitalisti a capo di multinazionali che operano in ogni parte del mondo. Al presidente, le cui idee sui dazi non sono maturate negli ultimi giorni, hanno poi dato il proprio sostegno anche i numerosi gruppi del vasto e variegato arcipelago liberale e libertario americano.

Come dimenticare che la battaglia sulla libertà d’espressione è un altro dei capisaldi di questa amministrazione? Un altro dei punti forti del programma presidenziale è poi quello della sicurezza nazionale, nel cui orizzonte può essere inserita anche la lotta all’immigrazione clandestina. Politiche securitarie e libertà sono due esigenze che tradizionalmente hanno fatto a pugni, ma qui sembra che le si voglia conciliare. D’altronde, gli imprenditori che più hanno investito nel settore della sicurezza, come ad esempio Peter Thiel, sono intransigenti sulla difesa del valore della libertà individuale e vicini a Trump.

Si dirà allora, come in molti fanno a sinistra, che quella di Trump è una classica politica di destra estrema, autoritaria, oligarchica. Ma, se così fosse, come si spiega che l’America operaia e la classe media impoverita lo ha appoggiato?

Né Trump avrebbe preso a cuore le loro sorti, mettendo al centro delle proprie azioni l’“uomo dimenticato” dell’enorme periferia americana.
Trump è un reazionario? Letteralmente tale è chi vuole ripristinare il passato, ha in odio il mondo moderno ed è impaurito dalla tecnica. Il proposito di favorire lo sviluppo delle aziende all’avanguardia nel settore dell’intelligenza artificiale, oppure quello di appoggiare Elon Musk nel suo obiettivo di mettere piede su Marte, non sembrano proprio ascrivibili alla categoria del reazionario.

Ovviamente, Trump non è un progressista, anzi si propone di restaurare i vecchi valori dell’America, erosi dalle culture “fluide” e “decostruzioniste” che hanno dominato negli ultimi decenni. Un coacervo di contraddizioni, a cui altre se ne potrebbero aggiungere. Da esse se ne può uscire, come fatto da autorevoli commentatori, dicendo che Trump è uno “stupido” (sottintendendo che stupidi sono anche i tanti che lo hanno votato), o addirittura che è un “pazzo”, un dottor Stranamore arrivato per caso a guidare la massima potenza mondiale. Anche in questo caso, l’analisi pecca di superficialità e dimentica le molte intelligenze che hanno elaborato il programma trumpiano. Molto più probabile è che questo programma sia vincente perché corrisponde allo “spirito” di un tempo che non riusciamo a decifrare fino in fondo con i concetti e le categorie del passato. Ci manca ancora un Marx o un Tocqueville che sappia darci una chiave per comprendere questi “anni interessanti”. Quel che è certo è che la sinistra perde perché non sa uscire da vecchi schemi, mentre la destra, libera da impacci ideologici, vince muovendosi con pragmatismo e buon senso.