Un po’ di Re Sole, un pizzico di De Gaulle, una spruzzata abbondante di Flaubert e tanta, tanta considerazione di sé stesso. Per Emmanuel Macron lui è lo Stato, è la Francia, è Madame Bovary, a un passo appena da Napoleone, monumento alla mai sopita grandeur. L’irrequieto inquilino dell’Eliseo muove soldati e soldatini sulla mappa del risiko come se dovesse conquistare la misteriosa Kamchatka, assicura all’Ucraina truppe virtuali col tricolore e l’ombrello nucleare agli europei, si agita e smania per fare qualcosa, purché sia, adesso che la guerra scatenata da Putin sembra arrivata ai titoli di coda.
Il presidente che aveva già preparato le valigie sull’onda della turbolenta politica transalpina agitata dal Front National, miracolato dagli eventi, ha indossato da tempo lo zainetto mimetico per fare da capofila alla frastornata Ue di Bruxelles, in astinenza da anni da una mossa azzeccata sullo scenario internazionale. Per fortuna c’è Macron, che cento ne pensa e neppure una ne fa, ad agitare le acque e a proporsi come capofila e capobanda di un’Europa a secco di leader, mentre la Germania rispolvera l’elmetto chiodato.
Vertice di Parigi, Macron: "Soldati? Non c'è unanimità"
È terminato a Parigi il vertice dedicato all'Ucraina promosso da Francia e Regno Unito. L'incon...Non ci sta a ritrovarsi addirittura sotto la guida del Regno Unito, fuori con la Brexit ma ben dentro gli affari europei. Intollerabile per Parigi e per le petit Napoléon che doveva esportare la rivoluzione della sua generazione e che invece è stato sballottato da venti interni che ha provato a gestire quasi mai riuscendoci. Nel suo laboratorio alchemico giochetti e trucchetti per preservare trono e poltrone gli sono riusciti, ma più per demeriti altrui che meriti propri. Dal cilindro, oltre agli effetti speciali e gli specchietti per le allodole ucraine, ha tirato adesso fuori la Forza di rassicurazione, che detta così sembrerebbe una polizza da far digerire a Zelenskij senza turbare Putin più di tanto, considerata pure la sua permalosità.
Una formula più incisiva del richiamo ai volenterosi da parte di Londra, con i soldati francesi affiancati da quelli inglesi come ai bei tempi delle due guerre mondiali e senza scomodare gli urticanti precedenti della guerra dei Cento anni (1337-1453) e Giovanna d’Arco, la cacciata dall’America (1754-1763), l’innominabile località belga di Waterloo (1815), l’incidente di Fashoda per il predominio coloniale che stava per sfociare in aperto conflitto franco-britannico (1898). Macron ha precisato che la Forza di rassicurazione non sarà schierata per il mantenimento della pace, né sulla linea di contatto, né in sostituzione delle truppe ucraine. Secondo il suo stile di proclami e cortine fumogene ha spiegato esattamente cosa non è quel contingente, ma si è guardato bene da dire cosa è e a cosa serve e come. Il presidente ha visto un buco nel sipario e si è proiettato in scena per un ruolo da protagonista della politica internazionale e dare così una lustrata al profilo interno che non è dei migliori.
Il ragionamento è più alla Nanni Moretti che alla Charles De Gaulle, ma lui ha la soluzione: lo si nota di più se va, perché l’assenza non porta né consensi né considerazione, e declasserebbe la Francia come potenza più di quanto abbia già fatto la storia e Donald Trump negli ultimi mesi. Nella Nato che c’è ancora ma vaga smarrita dopo il ventilato disimpegno statunitense, in un’Europa che nello smarrimento identitario ci sguazza dopo che proprio la Francia bocciò l’idea di una costituzione che oggi risolverebbe diversi dei tanti problemi sul tavolo, Macron si mette davanti a tutti petto in fuori, degno erede dei galli di Asterix. Anzi, da autentico galletto.