Ucraina, la pace trumpiana sta funzionando

di Carlo Nicolatodomenica 23 marzo 2025
Ucraina, la pace trumpiana sta funzionando
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Domani in Arabia Saudita si terrà l’incontro tra una delegazione diplomatica statunitense e una ucraina. Sempre domani e sempre in Arabia Saudita è previsto un nuovo round di colloqui tra gli americani e i russi. Non è chiara la logistica e la tempistica dei due appuntamenti, ma quel che è certo è che i due tavoli disteranno pochi chilometri di distanza e ad entrambi si parlerà dell’attuazione di un cessate al fuoco limitato che riguarda solo infrastrutture energetiche, come richiesto da Mosca, in vista di una tregua più ampia e concreta. Una cosa inimmaginabile solo sei mesi fa. Trump lo aveva promesso e per questo era stato trattato con sufficienza, così come con malcelato sospetto i suoi tentativi vengono guardati tuttora. Dall’inizio del suo mandato Putin e Trump si sono sentiti almeno due volte, Zelensky e il presidente americano ancora di più, oltre al burrascoso incontro alla Casa Bianca, per le delegazioni dei rispettivi Paesi siamo già alla seconda tornata di incontri, eppure in Europa c’è ancora qualcuno che pensa che non sia in corso una trattativa.

Nessuno sano di mente poteva onestamente illudersi che il presidente americano potesse sciogliere la matassa in una settimana, tantomeno in 24 ore come lui stesso aveva detto con toni da campagna elettorale, ma per convenienza politica si fa finta che ciò potesse accadere davvero, per cui si parla già di fallimento o di tradimento. Certo la pace è ancora lontana ma almeno si intravede, all’orizzonte comincia a palesarsi una soluzione che fino a qualche mese fa era un miraggio. La strategia euroBiden dell’ «aiutare l’Ucraina finché necessario» non lasciava invece presagire nulla se non una lunga guerra fino ad esaurimento dei soldati ucraini, che già infatti cominciano a scarseggiare. Il tira e molla sui carri armati prima e poi sugli aerei e i missili a lungo raggio aveva solo fatto temere che il conflitto da regionale si evolvesse rapidamente in uno mondiale. L’arrivo di Trump, nonostante i chiassosi proclami europei, ha fermato tutto questo offrendo soluzioni, una trattativa e la speranza.

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La pace trumpiana sta funzionando anche in Medio Oriente. Il suo arrivo ha spazzato il campo dagli equivoci della precedente Amministrazione Biden che stava con Israele ma fino a un certo punto, e soprattutto non voleva che si vedesse troppo. Trump invece sta con Israele senza mezzi termini ed è convinto che gli unici impedimenti alla pace siano Hamas, gli Houthi e soprattutto l’Iran. I casi sono due, o lo capiscono con le buone o si passa alle maniere forti. Trump ha inviato una lettera all’ayatollah Khamenei offrendogli due mesi per un accordo e con le buone si è ottenuto il primo vero cessate il fuoco dal 7 ottobre 2023, grazie al quale sono tornati a casa decine di ostaggi. Hamas tuttavia non si è convinto a passare alla seconda fase della treguae e sono arrivate le maniere forti.

È la pace ottenuta attraverso la forza, che Zelensky credeva Trump potesse applicare anche alla guerra in Ucraina, ma i due casi sono profondamente differenti. I raid contro gli Houthi che continuano a fiancheggiare Hamas e ad attaccare le navi nel Mar Rosso sono un chiaro avvertimento all’Iran. Dopo l’attacco di vendetta dei ribelli yemeniti a una portaerei americana il presidente Usa ha avvisato: «Ogni colpo sparato dagli Houthi sarà considerato, da questo momento in poi, come un colpo sparato dalle armi e dalla leadership dell’Iran, e l’Iran sarà ritenuto responsabile e ne subirà le conseguenze, e quelle conseguenze saranno terribili!». La strategia sta funzionando, come ha detto l’inviato Witkoff sembra infatti che finalmente l’Iran si sia deciso a rispondere alla lettera di Trump attraverso canali secondari. Anche qui la trattativa è aperta. La speranza pure.

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