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Wagner, la missione in Africa è un fiasco totale: come li massacrano i jihadisti

di Matteo Legnani domenica 23 marzo 2025

3' di lettura

Il Sahel, e in particolare la regione del triplice confine tra Mali, Niger e Burkina Faso, si conferma l'epicentro del jihadismo che colpisce indiscriminatamente civili e militari. Venerdì 44 persone sono state uccise e altre 13 sono rimaste ferite nell'attacco islamista contro una moschea nel villaggio di Fombita in Niger, al confine con Mali e Burkina Faso, durante la preghiera del pomeriggio. Lo ha riferito il ministero della Difesa di Niamey, spiegando che i miliziani hanno circondato l'edificio e compiuto «un massacro di rara crudeltà», per poi dare fuoco al mercato e alle abitazioni del villaggio. L'attacco, sempre secondo il ministero, sarebbe da attribuirsi all'Eigs (lo Stato Islamico nel Grande Sahel), una formazione affiliata all'Isis.

Il più povero Paese al mondo è tra i più bersagliati dal terrorismo jihadista, da quando nel 2013 l'insurrezione islamista contro la presenza dei francesi è esplosa in Mali, per poi estendersi ai Paesi confinanti. Il bollettino delle stragi viene continuamente aggiornato: solamente in Niger, lo scorso 14 dicembre oltre 100 militari e 80 civili sono stati uccisi nella cittadina di Chatoumane, dove l'esercito era stato inviato a presidiare il mercato locale, bersaglio abituale di gruppi armati, da «un'ondata di jihadisti in motocicletta che hanno sparato indistintamente su civili e soldati» secondo quanto riferito da Radio France International.

Nel vicino Burkina Faso, lo scorso 29 agosto 400 persone sono state massacrate in uno degli attacchi più feroci dall'inizio dell'insurrezione jihadista, quando gruppi di miliziani a bordo di motociclette e furgoni hanno sparato per ore contro tutto ciò che si muovesse nel villaggio di Barsalogho. In Mali, nel settembre scorso, in diversi attacchi nella capitale Bamako hanno perso la vita una settantina di persone, per più soldati di una scuola della gendarmeria e di una base militare.

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Oltre che per la presenza giunte militari che hanno poco o nessun interesse al controllo del territorio, la situazione nella regione è resa particolarmente complessa dalla presenza di decine di milizie jihadiste che fanno capo a due blocchi, uniti nel combattere governi e influenze straniere nell’area, ma divisi dalla brama di potere e di controllo sul territorio: quello dell’Isis, del quale fa parte l’Eigs, e quello che fa capo ad Al Qaeda nel Sahel. Quest’ultimo ha tollerato l’emergere dell’Isis nel Sahel per quasi quattro anni, ma la pacifica convivenza si è interrotta nel 2020, quando è iniziato uno scontro feroce tra le due fazioni che ha avuto e ha gravi ripercussioni sulle popolazioni civili.

I francesi, che fino ad una decina d’anni fa esercitavano un controllo sulla gran parte dell’Africa subsahariana, si sono negli anni andati ritirando fino alla consegna della loro ultima base nella regione, avvenuta in Ciad poco più di un mese fa, lo scorso 3 febbraio. Viceversa, la presenza russa è andata crescendo attraverso il Gruppo Wagner di Evgenij Prigozin che, dopo l’uccisione del suo leader, è stato riorganizzato negli Africa Corps, messi sotto il diretto controllo del ministero della Difesa di Mosca. Il patto tra il Cremlino e le giunte dei Paesi dell’area era all’apparenza vincente per le parti in gioco: protezione militare, attraverso la presenza di uomini armati sul territorio e vendita di armi di fabbricazione russa, in cambio di diritti minerari.

Ma, a quattro anni dallo sbarco in forze dei russi, la regione è sempre più in balìa dei gruppi jihadisti e gli stessi mercenari di Putin hanno iniziato a pagarne il prezzo come è accaduto nel luglio scorso, quando un convoglio misto formato da soldati dell'esercito e miliziani degli Africa Corps ha subito un'imboscata nei pressi di Tinzaouaten, vicino al confine con l'Algeria, nella quale questi ultimi hanno contato trai 70 e i 100 morti.

E nel 2024 i decessi legati alle violenze dei gruppi terroristici islamici nei tre Stati principali del Sahel (Mali, Niger e Burkina Faso) hanno toccato numeri record: secondo i dati raccolti dall’Acled (Armed conflict location & event data crisis monitoring group), nel solo primo semestre dell’anno scorso si sono registrati 7.620 decessi, con un aumento del 9% rispetto allo stesso periodo del 2023, del 37% rispetto al 2022 e del 190% rispetto al 2021.

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