Kennedy, ecco le nuove carte segrete su JFK: cosa c'è dentro

di Costanza Cavallilunedì 24 marzo 2025
Kennedy, ecco le nuove carte segrete su JFK: cosa c'è dentro
4' di lettura

Ogni volta che si parla di John Fitzgerald Kennedy abbiamo un «momento Gore Vidal». Lo scrittore, prodigiosa testa del Novecento su cui Netflix aveva quasi pronto un film con Kevin Spacey, che lo interpretava, prima dell’ostracismo, e non disprezzava l’Urss perché lì, diceva, la letteratura contava ancora qualcosa, gli scrittori finivano in galera. Ecco, Gore Vidal, quando gli venne chiesto da un giornalista di Cosmopolitan «raccontaci qualcosa dei Kennedy», rispose: «Oh, caro, le persone sono ancora interessate a loro?». E noi uguale. Anche perché che i file sull’omicidio siano desecretati o no, circa 64mila pagine su oltre 6 milioni già pubbliche, i complottisti (categoria di cui Donald Trump fa parte dato che, nella sua prima campagna presidenziale, dichiarò a Fox News che il padre del senatore Ted Cruz aveva incontrato l’assassino, Lee Harvey Oswald, prima di sparare) rimarranno asserragliati nell’inespugnabile tesi che le prove decisive sul 22 novembre 1963 siano state buttate alle fiamme tempo addietro.

Le carte desecretate martedì scorso dal presidente aggiungono qualche tassello di storia, ma per approfondire, dicono gli storici, serve tempo. Molte sono difficili da leggere e piene di nomi e pseudonimi il cui significato non è noto, e potrebbe non esserlo mai. Per ora non è emerso niente che alteri la comprensione degli eventi. Ma Gore Vidal sarebbe sollevato: si parla poco di Kennedy e molto di Cia, durante gli anni della Guerra Fredda.

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Nei file, Oswald si conferma un soggetto sorvegliato: nel settembre 1963 fece un viaggio a Città del Messico e qualcuno lo sentì parlare esplicitamente del suo progetto di uccidere Kennedy. L’agenzia di intelligence registrò tre telefonate tra il killer e una guardia dell’ambasciata sovietica, ma Oswald si identificò solo in una. In una nota del 1961, poco dopo il fallimento dello sbarco alla Baia dei Porci, Arthur Schlesinger, consigliere del presidente, critica l’eccessiva presenza dell’agenzia nelle ambasciate statunitensi e mette in guardia JFK sull’influenza che esercitava sulla politica estera americana («supera il personale del Dipartimento di Stato», si legge), tanto da definirla «uno stato nello stato».

RIVELAZIONI

Un promemoria del giugno del 1973, scritto da un dipendente della Cia su richiesta dell’allora direttore William E. Colby, elenca episodi in cui l’intelligence si era spinta ben oltre l’esercizio delle sue funzioni. Le irruzioni nel consolato francese a Washington, la pianificazione di attacchi paramilitari contro impianti nucleari cinesi, l’inoculazione di un «agente contaminante» nello zucchero cubano destinato all’Unione Sovietica. La conclusione è una battuta sul direttore precedente, John A. McCone: «Infine, i rapporti di McCone con il Vaticano, tra cui Papa Giovanni XXIII e Papa Paolo VI, farebbero sollevare le sopracciglia in certi ambienti».

Una nota contiene verbali di riunioni avvenute tra il ‘62 e il ‘63 del Comitato consultivo per l’intelligence estera del presidente, in cui si trattò anche delle attività di sorveglianza sugli sforzi cinesi per sviluppare una bomba nucleare. Un rapporto del 1964 rivela che Adolfo López Mateos, presidente del Messico, aveva approvato un’operazione congiunta contro i sovietici nel suo Paese. Sempre del ‘64, spunta l’Italia: l’agente dell’Fbi Benjamin McManus racconta di un incontro romano organizzato da Gianfranco Corsini, giornalista di Paese Sera, e dallo scrittore Carlo Levi, all’epoca senatore del Pci.

Ospite d’eccezione l’attivista americano Mark Lane, noto cospirazionista sull’omicidio, tanto da scrivere dieci libri sul coinvolgimento della Cia nella morte del presidente. Il rapporto è di poche righe: alla riunione parteciparono «circa 12 persone, molte delle quali erano membri del Partito comunista italiano o comunque legati al Pci».

Un altro memo, datato 1967, parla dell’assassinio del dittatore dominicano Rafael Trujillo, ucciso da un colpo di fucile mentre era in macchina con il suo autista nel 1961: sono stati resi pubblici i nomi (e informazioni sensibili come i numeri di previdenza sociale, chapeau) degli agenti coinvolti nel complotto. Comunicazioni interne confermano il coinvolgimento dell’intelligence in elezioni e movimenti sindacali in Brasile, Finlandia, Cipro, Grecia e Spagna.

TECNICHE

Si leggono poi descrizioni delle tecniche di spionaggio: l’uso della scansione fluoroscopica, che utilizza i raggi X per mostrare in tempo reale l’interno di un oggetto e che venne sviluppata per rilevare microfoni nascosti, e un sistema per identificare cabine telefoniche pubbliche che venivano intercettate, utilizzando una vernice visibile solo con la luce ultravioletta.

Sui social network sono diventati virali i post su Gary Underhill, agente dell’intelligence militare nella Seconda Guerra Mondiale. La vicenda non è nuova: Underhill sostenne che dietro l’assassinio ci fossero alcuni agenti della Cia, si suicidò nel 1964, nacque una teoria secondo la quale non si trattò di un gesto volontario.

Martedì è stato ripubblicato un memo, già noto dal 2017, senza frasi censurate, ma non contiene nuovi dettagli. Resta aperta una questione: la legge del 1992 stabiliva che tutti i documenti sull’omicidio fossero desecretati entro 25 anni, con eccezioni per questioni di sicurezza nazionale. Trump ha chiesto di «non oscurare nulla» ma una cinquantina di carte restano top secret perché sotto il sigillo del gran giurì o persino, spiega il New York Times, perché donate da collezioni private a condizione che rimessero segrete fino a una data stabilita dal donatore. Il governo federale sta lavorando per rendere pubbliche anche queste. Ultima speranza per i complottisti.