Sergei Beseda, la spia di Putin in Arabia Saudita: la clamorosa mossa dello zar

di Carlo Nicolatosabato 22 marzo 2025
Sergei Beseda, la spia di Putin in Arabia Saudita: la clamorosa mossa dello zar
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I membri del Consiglio Ue riunito ieri a Bruxelles sembravano d’accordo nel credere che in realtà non si può ancora parlare di vere negoziazioni, che quelle tra gli americani e i russi sono semplici scambi di vedute e che non c’è una base su cui stanno trattando. Eppure gli incontri continuano, come dimostrano quelli previsti per lunedì 24 marzo in Arabia Saudita dove per gli Stati Uniti saranno presenti l’inviato Steve Witkoff e forse il segretario di Stato Marco Rubio e il consigliere per la sicurezza Micheal Waltz (anche se non è ancora confermato). Mosca ha annunciato che la sua delegazione sarà guidata da Sergei Beseda, ex capo della quinta direzione dell’agenzia di spionaggio Fsb, che sarà affiancato da Grigory Karasin, presidente della commissione per gli affari internazionali del Senato.

Beseda avrebbe avuto un ruolo importante nell’attacco russo del 2022, supervisionando le operazioni di intelligence in Ucraina e quelle di reclutamento di spie. Secondo Kiev sarebbe stato proprio lui a convincere Putin che era giunto il momento di lanciare un’invasione su vasta scala. Le informazioni fornite dal quinto servizio fecero capire ai comandanti militari russi che non avrebbero incontrato una seria resistenza tanto che si calcolava la conquista di Kharkiv in tre giorni e quella di Kiev in cinque. Dopo il fiasco russo molti media occidentali dissero che Beseda era stato arrestato e incarcerato, ma non era vero in quanto rimase a capo della quinta direzione dell’Fsb fino al 2024. Nel 2014 peraltro era stato inserito nelle liste delle sanzioni americane ed europee in quanto accusato di aver avuto un ruolo in un tentativo di repressione della rivoluzione anti-russa di Maidan. Mosca ha sempre detto che in realtà Beseda si trovava a Kiev per aiutare a garantire la protezione dell’ambasciata russa durante un periodo di incertezza.

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Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky intanto dice che la pace con la Russia è possibile entro l’anno, e da alcune settimane, dopo lo scontro con Trump alla Casa bianca, ha decisamente virato su posizioni di apertura alle trattative. Apertura, certo, ma senza arrivare alla resa incondizionata. Ieri a Oslo, dove si trovava in visita ufficiale, gli è stato chiesto se sia disposto a discutere della neutralità dell’Ucraina, una delle tassative richieste di Putin, e lui ha risposto che «non è un’opzione», aggiungendo che ogni proposta di ridurre radicalmente le dimensioni dell’esercito ucraino odi riconoscere i territori occupati come russi «è un ultimatum, non un’offerta per porre fine alla guerra». È stato tassativo anche sulla Crimea, di cui assicura non aver recentemente parlato con il presidente Trump ma che fuor di dubbio «è una penisola ucraina».

Quando si è toccato il punto del cessate il fuoco alle condizioni russe, che riguarda cioè le infrastrutture energetiche, ha confermato di aver fornito ai mediatori americani un elenco completo degli impianti che rientrano nell'accordo, dichiarando di sperare che questo possa essere raggiunto in pochi giorni «dopo ulteriori Anche nell’intervento di qualche ora prima al Consiglio europeo il presidente ucraino ha esortato i leader a non cadere nella “trappola” di Mosca «che finge di volere un cessate il fuoco quando è vero il contrario», insistendo sul fatto che «Putin deve smettere di fare richieste inutili che non fanno altro che prolungare la guerra e deve iniziare a mantenere ciò che promette al mondo». Ha sottolineato l'importanza del sostegno militare dell’Europa «che non deve diminuire, ma continuare e crescere».

«Difesa aerea, aiuti militari, la nostra resilienza complessiva: tutto è fondamentale», ha detto, a cominciare dai proiettili d’artiglieria. Ha aggiunto che «le sanzioni contro la Russia devono restare in vigore finché non inizierà a ritirarsi dalla nostra terra e non risarcirà completamente i danni causati dalla sua aggressione». Anche a Bruxelles Zelensky ha riconosciuto che sono in corso degli sforzi diplomatici «ma questo non significa che la Russia debba affrontare meno pressione». «Questo è fondamentale», ha aggiunto, «per ridurre le possibilità di una fregatura russa»: «Sappiamo tutti quanto facilmente Mosca ignori le sue promesse: un momento danno la loro parola, e poche ore dopo non significano assolutamente nulla».

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