Se il Santo Sepolcro fosse dei russi

di Antonio Soccigiovedì 20 marzo 2025
Se il Santo Sepolcro fosse dei russi
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I russi potrebbero “controllare” il Santo Sepolcro di Gerusalemme? No, non si tratta (stavolta) di conquiste militari, bensì di archeologia, come vedremo. Ma anzitutto dobbiamo fare un passo indietro. Ci avviciniamo alla Settimana Santa e alla Pasqua che ricordano gli eventi della morte e della resurrezione di Gesù. A Gerusalemme, sul luogo in cui avvennero questi fatti, dai tempi di Costantino, cioè dal IV secolo d.C., è stata costruita la Basilica del Santo Sepolcro.

Molti sono i pellegrini che anche quest’anno andranno a pregare lì. Ancora di più saranno nel 2033 quando si celebrerà il Giubileo straordinario per i duemila anni della redenzione. Ma siamo storicamente certi che la basilica racchiuda il luogo esatto della crocifissione e il sepolcro in cui Gesù fu posto e in cui resuscitò?

Dai Vangeli e dalla Lettera agli Ebrei (13,12) sappiamo solo che egli fu crocifisso, “con altri due”, “fuori della porta della città”. Doveva essere un’altura ben visibile come ogni luogo in cui i romani giustiziavano i condannati. Sappiamo che il Golgota per la sua conformazione somigliava a un cranio e da esso prendeva il nome (questo significa in aramaico Golgota).

Nel IV secolo fu individuato ufficialmente nell’area oggi racchiusa nella basilica perché Costantino e sua madre Elena accreditarono la tradizione dei cristiani del posto. Comprensibile. Ma era storicamente certa? Già dieci anni dopo le vicende di Gesù quella zona della città aveva subito cambiamenti urbanistici, ma soprattutto i romani distrussero Gerusalemme nel 70 d.C. e poi nel 132-136 d.C. Rimasero pochi abitanti ebrei (fra cui pochissimi cristiani). La città fu trasformata in Aelia Capitolina. Possibile che quell’area si sia conservata intatta e che si sia tramandata la memoria nei tre secoli successivi?

In epoca moderna diversi studiosi hanno sollevato dubbi su quell’identificazione: ritengono che non sia molto provata l’antichità di quella tradizione ed esprimono dubbi sulla conformazione di quella zona. Altri studiosi l’hanno accreditata sostenendo che i testi antichi affermano che i cristiani conservarono la memoria dei luoghi.

Una posizione mediana è quella dell’archeologo Shimon Gibson, una delle massime autorità internazionali, che, nel suo libro The Final Days of Jesus. The Archaeological Evidence (HarperCollins Publishers), scrive: «Oggi la roccia del Calvario viene indicata ai pellegrini immediatamente a destra entrando nella Chiesa del Santo Sepolcro.

Questo sperone di roccia si eleva a un’altezza compresa fra i 9 e i 13 metri sopra il pavimento circostante della cava, e la sua sommità è stretta e angusta (solo 3,5 x 1,7 metri)... La cima era troppo stretta per permettere la collocazione di tre croci e i suoi lati erano troppo ripidi per consentire un facile accesso. Anche se la roccia può essere stata un monumento che segnava il luogo generale del Golgota- quasi un cartello indicatore - non era decisamente il luogo effettivo della crocifissione. Il sito delle esecuzioni del Golgota doveva essere un punto di riferimento topografico facilmente identificabile vicino a Gerusalemme, forse un basso promontorio, noto agli abitanti della città... era un luogo a cui le persone potevano accedere facilmente e che poteva essere visto da lontano, il che suggerisce una posizione evidente piuttosto che un piccolo affioramento roccioso. Ancora più importante: era situato adiacente a un sentiero o a una strada che conduceva alla città».

LA FORMA DEL CRANIO

Ma allora come può essere nata quell’identificazione poi ufficializzata da Costantino? I Vangeli insistono solo sulla denominazione Golgota (luogo del teschio) forse per dare un suggerimento simbolico, per il resto non si attardano mai sull’esatta ubicazione dei luoghi di Gerusalemme che citano.

Emilio Matricciani ritiene che «sia stata fortemente tramandata la forma curiosa e insolita della collina e non la sua esatta posizione (solo un generico “fuori da una porta”) perché i Romani distrussero le Terze Mura e le torri lungo di esse. Penso che il ricordo, passando da persona a persona, sia diventato così vago che la roccia emersa nella cava riempita, a soli 150 metri a nord della Porta dei Giardini, ossia l’attuale sito del Santo Sepolcro, somigliando a un “teschio” divenne il monumento che segnava il luogo generale del Golgota».

Così «nel IV secolo i cristiani erano convinti che il Golgota si trovasse a nord della Porta dei Giardini proprio a causa della roccia a forma di “teschio”». E questo, insieme ad altri dettagli, persuase Elena e Costantino.

Sennonché Matricciani, già professore al Politecnico di Milano, nel saggio che ho appena citato, pubblicato col titolo The Golgotha Unveiled from the Writings of Maria Valtorta Is Not the Traditional One (su Open Journal of Social Sciences, 12) ha individuato un altro sito che potrebbe essere il vero Golgota e che corrisponderebbe esattamente all’identikit che di esso aveva fatto l’archeologo Gibson.

C’è arrivato per una via anomala (che ha bisogno di conferme archeologiche): gli scritti della mistica Maria Valtorta (1897-1961). Nei suoi quaderni, pubblicati nell’opera L’Evangelo come mi è stato rivelato (CEV), sono raccolte, come lei afferma, le visioni della vita di Gesù avute attorno agli anni della Seconda guerra mondiale, in particolare il periodo della vita pubblica di Cristo: «Un’analisi rigorosa e scientifica dei suoi scritti sulla vita di Gesù» spiega Matricciani, «mostra che essa contiene numerosi dati riguardanti fatti ed eventi che sarebbero avvenuti 2000 anni fa in Terra Santa, ben oltre le sue conoscenze, cultura e competenze».

In effetti la Valtorta cita villaggi, strade, usi, costumi e paesaggi di una terra in cui non è mai stata e senza aver fatto studi, né disporre di libri, essendo costretta in un letto perché paralizzata dalla vita in giù. «Nonostante la completa mancanza di dati potenzialmente disponibili all’epoca» osserva Matricciani «ogni volta che i dati da lei riportati sono stati verificati si sono rivelati inaspettatamente corretti, a volte anticipando persino ciò che gli studiosi avrebbero scoperto anni dopo che lei ne aveva scritto. Ad esempio, è il caso delle quattro torri della città biblica di Jezreel o il caso di un personaggio, “Galeno”, un medico e filosofo che lei cita e considera vissuto nel I secolo d.C., solo di recente riconosciuto come una persona reale, distinto dal più famoso Galeno di Pergamo».

Dunque Matricciani ha fatto un’accurata analisi dell’urbanistica della Gerusalemme del I secolo e ha studiato la descrizione dettagliata della Valtorta relativa al percorso che Gesù fece per arrivare al Golgota: «La mia indagine, basata su questi dati e sulla topografia di Gerusalemme nord-occidentale nel I secolo d.C., dimostra che il luogo della crocifissione di Gesù, il Golgota (il “cranio”), non si trova né presso il Santo Sepolcro né nell’area della Tomba nel Giardino. La strada lastricata verso il Golgota, che lei (la Valtorta, ndr) descrive accuratamente (...) conduce a un luogo dove, pochi anni dopo la crocifissione di Gesù, fu eretta la Torre di Psephinus, descritta da Flavio Giuseppe, nell’area nota oggi come il Distretto Russo (Russian Compound). In conclusione, il Golgota svelato dagli scritti di Maria Valtorta si trovava nello stesso luogo della Torre di Psephinus».

Cos’è il Distretto Russo? È un’area che fu comprata dalla Russia zarista nel 1858 anzitutto per ospitare i tanti pellegrini russi che andavano a Gerusalemme. Nelle alterne vicende del Novecento l’area passò più volte di mano. Oggi è in parte di proprietà russa-anzitutto la cattedrale della Santissima Trinità- e in parte israeliana. Dal punto di vista archeologico è ritenuta interessante. Gli scavi nel Russian Compound sono stati condotti principalmente dall’Israel Antiquities Authority, ma non sono state fatte campagne sistematiche. Nuove ricerche che approfondissero la tesi del professor Matricciani (e le intuizioni di Gibson) potrebbero riservare sorprese, anche clamorose. Forse in vista del 2033?