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La vita da incubo degli anti-Trump: ecco la loro giornata-tipo, resistenza tutta da ridere

Giovanni Sallusti
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Lavorare stanca, poetava Cesare Pavese, ma anche la (una volta) comoda alternativa, aderire al perfetto prototipo del progressista, sta diventando una vita d’inferno. Mettetevi un attimo nei panni dell’anti-muskiano odierno, del resistente iperconnesso della Ztl contro la “tecnodestra” che gli garantisce la connessione, dell’anti-trumpiano di professione. 

Parlo di qualcuno come Nicola Fratoianni, compagno in lotta contro il capitale beccato a possedere una Tesla sfornata dall’ipercapitalista Texas, costretto a mettere il cerino della colpa in mano alla moglie Elisabetta Piccolotti (compagna in lotta ecc ecc...), la quale è costretta a giustificarsi sui social, ma non su X. Il proprietario della piattaforma, infatti, è il medesimo della casa automobilistica, l’Orco Elon.

Ecco, partiamo dai fondamentali: il PP (da qui in poi, “Perfetto Progressista”) non può in alcun caso possedere un profilo X (se lo ha deve assolutamente cancellarsi, non prima di avelo annunciato con una dozzina di post) né quella che è probabilmente la miglior auto elettrica in circolazione, nonostante debba obbligatoriamente vantare le magnifiche sorti e progressive dell’elettrico ad ogni aperitivo cui partecipa. Ma non è così semplice: il PP, se vuol essere davvero conseguente, deve anche estraniarsi da tutto ciò che ha a che fare con l’universo Meta. Quel traditore di Mark Zuckerberg infatti, che pure prometteva così bene come censore dem, si è venduto a quel fascista di Trump. Il che vuol dire rinunciare a: Facebook, Instagram, Messenger e WhatsApp.

TECNO-FASCISTI!
Il PP deve ridursi come il vecchio prozio boomer che detesta: deve comunicare con i giurassici Sms. No fermi, sono stato troppo ottimista: deve buttare proprio l’iPhone, manufatto per eccellenza di quelle Big Tech che un tempo coincidevano con l’arredamento stesso di casa sua (era quando l’algoritmo tirava la volata a Barack Obama, formidabili quegli anni!), mentre ora rappresentano la Spectre della tecno-dittatura globale. Ovviamente, il PP deve piantarla anche con quest’abitudine reazionaria di effettuare ordini su Amazon: il patron Jeff Bezos non solo si è presentato al giuramento di Trump, ma ha messo al bando sul suo Washington Post gli editoriali wokisti. Al nostro rimangono comunque l’emporio sotto casa (che non frequenta da anni, e schifa anche un po’) e il piccione viaggiatore in caso di comunicazione urgente. Dopo essersi devastato la vita relazionale e lavorativa, il PP comincia a vedere ridursi drasticamente le alternative, ma certo rimane l’alcolismo. Oddio, non nel caso apprezzi il bourbon. Il whisky americano, infatti, è sotto i dazi “buoni”, quelli dell’Unione Europea, e in ogni caso berlo sarebbe etilicamente scorretto.

ANCHE LA TV...
Non resta che uscire a farsi un’innocua pizza coi (pochi) amici rimasti. Innocua per modo di dire: il PP, ormai irremovibile nella sua coerenza, deve fare attenzione anche al mercato interno, domestico. Per intenderci: la pizzeria non può in nessun caso appartenere alla catena di Flavio Briatore, che peraltro è pure amico di Trump. Resta l’opzione di chiudersi in casa davanti alla tivù con la birra del discount. Non davanti ai canali Mediaset, però, ché si drenerebbe fatturato alla famiglia Berlusconi.

E la Rai lottizzata per la prima volta nella storia da questa destra bavosa, vogliamo parlarne? Sky l’ha fondata lo squalo iperconservatore Murdoch, è tabù. Però, ci si può sempre abbonare ad Amazon Prime... Ah no. Ed è in quel preciso momento che il PP si abbandona e vagheggia di cambiare pianeta, via da questa Terra infame, si sogna già su Marte... Dannazione, anche qui!

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