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Romania, Georgescu fatto fuori? Ecco le motivazioni dell'Ufficio elettorale: lo scandalo deflagra

Maurizio Stefanini
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Calin Georgescu annuncia ricorso contro la sua esclusione dalle elezioni presidenziali in Romania, ma invita i suoi sostenitori ad astenersi dalla violenza, dopo che 13 agenti sono rimasti feriti negli scontri seguiti al rigetto della candidatura da parte dell’Ufficio elettorale centrale. A quanto riferito dall’emittente Digi24, almeno quattro poliziotti hanno dovuto essere ricoverati in ospedale. Secondo quanto reso noto da un portavoce delle forze dell’ordine, sono state presentate accuse penali per 11 reati, tra cui il ribaltamento di un’auto.

«Finora sono state identificate oltre 500 persone nell’area della protesta e, in base alle riprese video, le persone che hanno commesso dei reati saranno individuate e perseguite», ha precisato il portavoce in conferenza stampa. Sette persone sono state arrestate, mentre l'ufficio del procuratore ha avviato un'inchiesta dopo che «un leader di partito» ha incitato i dimostranti alla violenza. I magistrati non hanno fatto nomi, ma secondo i media locali si tratterebbe di George Simion: leader del partito di destra Alleanza per l'Unione dei rumeni (Aur), al quale si contesta di aver espresso il desiderio che i membri della commissione elettorale siano «scuoiati sulla pubblica piazza».

 

 

A sua volta l’Ufficio elettorale centrale della Romania ha pubblicato motivazioni che non si basano su questioni procedurali, ma sul fatto che Georgescu avrebbe genericamente violato «l’obbligo di rispettare la democrazia». Cioè, sarebbe contro la Costituzione. «Le sentenze della Corte costituzionale nella Decisione n. 32 del 6 dicembre 2024 (sull’annullamento delle elezioni presidenziali), decisioni vincolanti anche per l’Ufficio elettorale centrale, portano a concludere che, per quanto riguarda la candidatura del signor Georgescu Calin, essa non soddisfa le condizioni di legalità poiché il candidato, non rispettando le norme della procedura elettorale, ha violato l’obbligo stesso di difendere la democrazia, che si basa proprio sulla votazione giusta, onesta e imparziale», si legge nella delibera dell’Ufficio. Vincitore di un primo turno presidenziale poi annullato per asserite interferenze russe, Georgescu presenterà il ricorso alla Corte Costituzionale, che avrà 48 ore per esprimersi.

Lo ha detto appunto Simion, che dopo essere stato avversario dello stesso Georgescu al primo turno annullato del 24 novembre gli aveva poi manifestato il suo appoggio per il ballottaggio, ed ora è suo alleato. Simion, che ha denunciato la decisione dell’organo elettorale contro la candidatura di Georgescu come un «colpo di Stato», ha detto che l’ufficio elettorale «non ha il diritto di respingere un candidato quando tutti i requisiti relativi a documenti, firme e moduli sono soddisfatti. Tutte le condizioni relative a un dossier di candidatura sono state soddisfatte». «Non abbiamo grandi speranze», ha aggiunto, pur precisando che «andremo con il signor Georgescu come candidato fino alla fine».

In un video su Facebook Georgescu ha invitato i suoi sostenitori a mantenere la calma. «Non dobbiamo ricorrere alla violenza o ad altre azioni come quelle di ieri sera», ha detto. Se nessun candidato otterrà più del 50% dei voti il 4 maggio, al primo turno, si procederà al ballottaggio il 18 maggio. Il termine ultimo per presentare le candidature presidenziali è il 15 marzo a mezzanotte.

Da Bruxelles, intanto, arriva la protesta dei Conservatori e riformisti Europei di cui parte anche l’Aur. Sono Nicola Procaccini e Patryk Jaki, europarlamentari e co-presidenti dell’Ecr, a commentare la violazione del diritto di voto da parte del governo di sinistra: «L’esclusione del candidato vincitore al primo turno delle elezioni rumene Calin Georgescu, è scioccante. Senza nemmeno definirne le ragioni e senza attendere l’esito di un procedimento giudiziario. Si tratta di lesioni dello Stato di diritto e della democrazia mai viste prima nell’Unione europea. Una esclusione illegittima contro la quale si è espressa anche l’esponente del partito liberale romeno, Elena Lasconi, seconda più votata al primo turno e potenziale sfidante di Georgescu al ballottaggio che non si è mai tenuto», chiedendosi se sia «possibile che la Commissione Ue non ritenga di doverle denunciare formalmente».

«Questo caso», avverte Procaccini, consapevole della minaccia che pende sulla testa di Simion, «solleva serie preoccupazioni circa lo stato di diritto nel Paese e l’integrità democratica dell’attuale governo socialdemocratico rumeno. In una democrazia funzionante, i diritti dei candidati, compresi quelli che sfidano l’establishment politico, devono essere rispettati. La Commissione europea rompa il silenzio e denunci questa violazione degli standard democratici». In Polonia, intanto, anche il presidente del gruppo Ecr, l’ex premier polacco Mateusz Morawiecki, è finito al centro di un’inchiesta giudiziaria proprio per aver indetto le elezioni.

Sarà per questo che «la maggioranza al Parlamento europeo, con in testa la sinistra e il Ppe, boccia la proposta di un dibattito in aula su quanto sta accadendo in Romania», fa rilevare Paolo Borchia, capo delegazione Lega al Parlamento europeo, che osserva: «Ora a Strasburgo fanno come Ponzio Pilato, nemmeno se ne può parlare in aula: per loro tutto questo è normale? Una vergogna dopo l’altra: questo è il concetto di democrazia dell’Ue”.

 

 

 

 

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