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Il coraggio di J.D. Vance di dire le verità scomode

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Invece di ragliare ogni volta che parla (sempre a segno), invece di additarlo come sabotatore delle relazioni transatlantiche (alleanza che ci ha garantito un free riding di prima classe, a spese degli americani) e invece di dargli dell’isolazionista (se non con dolo o accettando un’incoerenza retorica: quando mai gli Usa sono stati davvero isolazionisti?), a J.D. Vance dovremmo dire grazie.

Nell’arco di due settimane, il vicepresidente degli Stati Uniti ci ha dato due lezioni di realtà. La prima a Monaco, quando ha elencato i danni del wokismo, della cancel culture, dei lacci alle aziende imposte dalla Commissione Ue, del pericolo che corre la libertà di parola quando chi è contro l’aborto viene condannato, quando le élite europee si dimostrano sprezzanti per il voto espresso dai cittadini, che certo non hanno mai votato a favore della crisi economica e per l’ondata di immigrazione che si è riversata nelle città. «Non dovremmo avere paura del nostro popolo, anche quando esprime opinioni in disaccordo con il suo establishment», ha detto (...)

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