
Trump-Zelensky, basta una notte per riportare le madamine di Bruxelles sulla terra

Lo scenario sta accelerando, la premier Giorgia Meloni ieri sera ha sentito Donald Trump, alla vigilia del vertice di Londra i due leader hanno discusso dell’Ucraina. Meloni ha ribadito la visione dell’unità dell’Europa con gli Stati Uniti e gli alleati per raggiungere l’obiettivo della pace. La giornata è stata un sottosopra della sceneggiatura. Passare dalla rivoluzione anti -Trump al Zelensky indietro tutta è stata questione di un attimo, una nottata à la Eduardo è stata sufficiente per riportare le madamine di Bruxelles sulla terra.
Dopo aver eroicamente lanciato la vibrante protesta sui social, le cancellerie europee hanno scoperto che la guerra di secessione dall’America non si può fare senza finire in rovina, così è partito l’ordine del circolo del bridge: Volodymyr, ti prego, fai pace con Donald.
Che l’invito a fare dietrofront fosse una cosa seria e urgente, s’è capito subito ieri pomeriggio quando ha parlato “l’uomo delle armi”, Mark Rutte, il segretario generale della Nato, che ha chiesto a Zelensky di rientrare nei ranghi, «ricucire i rapporti» e «riconoscere i meriti di Trump».
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L’ex premier olandese è un uomo dritto, ha l’esperienza per calibrare le mosse con la Casa Bianca, si muove in scioltezza in Europa, è la personalità che serve per calmare le acque e riaprire il negoziato tra Washington e Kiev. Rutte è un grande amico di Giorgia Meloni (ha partecipato alle missioni in Tunisia con la premier italiana e Ursula von der Leyen) e per Palazzo Chigi è un link importante, un rapporto prezioso, non a caso ieri ha ribadito che «dobbiamo unirci, Stati Uniti, Ucraina ed Europa, per portare una pace duratura in Ucraina», obiettivo strategico che è lo stesso lanciato da Giorgia Meloni subito dopo la rissa alla Casa Bianca.
E ora che si fa? Non resta che attendere. Prima di tutto bisogna aspettare che Trump digerisca il reality show di Zelensky alla Casa Bianca (un grave errore diplomatico del presidente ucraino, non si fa una piazzata nello Studio Ovale in diretta tv, con Trump, JD Vance e Marco Rubio, figuriamoci). La rissa in mondovisione ha rivelato molto altro, in particolare la fragilità emotiva di gran parte dei leader europei, un caso straordinario di ignoranza, prima di tutto della storia. Hanno un’idea dell’America che non corrisponde alla realtà. E continuano a sbagliare.
George Washington nel suo discorso d’addio del 1796 fissò un’idea che le élite europee dovrebbero ricordare a memoria ogni volta che parlano dell’isolazionismo della Casa Bianca, ecco cosa disse il presidente: «Perché intrecciando il nostro destino con qualsiasi parte dell'Europa, complicare la nostra pace e la nostra prosperità nelle reti dell'ambizione, rivalità, interesse, umore o capriccio dell'Europa? La nostra politica evidente è quella di navigare al largo di alleanze permanenti, con qualsiasi parte del mondo estero».
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Il generale Washington essendo un realista non escludeva le alleanze, ma sconsigliava quelle permanenti, i vincoli troppo stretti, le amicizie automatiche, gli obblighi matrimoniali che in politica estera sono ancora più fragili di quelli della vita di coppia. Non bastando l’ammonimento di Washington, nel 1823 il presidente Monroe fece un ulteriore passo con la sua dottrina riassunta così: «L’America agli americani», che tradotto significa che non può essere degli europei. Fine delle potenze coloniali, cadono tutte le corone d’Europa, decolla una nuova potenza che è una fortezza difesa dal muro dell’oceano. Eccola qui, la parola chiave, «oceano», pronunciata tempo fa da Trump nel ricordare a tutti la posizione e la condizione dell’America; è lo stesso «oceano» che imprudentemente Zelensky ha evocato nell’autoscontro alla Casa Bianca, dicendo che sì, proprio «l’oceano» non sarebbe stato sufficiente a proteggere gli Stati Uniti dalla zampata dell’Orso Russo. È là, sull’idea dell’invulnerabilità, sulla minaccia invisibile e sull’elemento dell’acqua (leggere Moby Dick è un’immersione nel mito che fonda la cultura americana) che Trump s’è acceso come un missile e ha sferrato l’attacco al presidente ucraino.
Improvvisamente, ieri e oggi si fondono: l’oceano, l’esercito, l’intervento in Europa, la fortezza chiamata America. Alla classe politica europea manca questa esperienza, la conoscenza della cultura e della politica. Trump non è un’eccezione, è l’eterno ritorno della storia americana. Oggi ci si vede tutti a Londra, l’obiettivo è tenere unito l’Occidente, andare avanti con Washington. Speriamo che qualcuno abbia letto le memorie di Winston Churchill: «Il successo non è definitivo, il fallimento non è fatale: ciò che conta è il coraggio di andare avanti».
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