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Mattia Minguzzi, la versione del padre-chef: "Perché hanno ucciso mio figlio"

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Non si è trattato di una "resa dei conti". A parlare è Andrea Minguzzi, il padre di Mattia Ahmet, il bambino assassinato in un mercato di Istanbul, in Turchia, il 24 gennaio. La vittima è stata ricoverata per due settimane in una clinica nel reparto di terapia intensiva. Ma tutto è stato vano. "So solo che ci sono un gruppo di aggressori e una parte lesa. Mio figlio non conosceva gli aggressori e io non so i loro nomi. Non ho nemmeno visto il video delle telecamere di sorveglianza", ha spiegato il padre al Corriere della Sera.

"Fino a domenica eravamo focalizzati esclusivamente sul desiderio che Mattia si riprendesse, su come dargli tutta la nostra energia, trasmettergli il nostro affetto e la nostra forza, e offrirgli emozioni positive", ha proseguito Andrea Minguzzi. Il bambino aveva chiesto il permesso di uscire a lui e alla madre: "Voleva approfittare delle vacanze di fine quadrimestre per andare al mercato dell’usato di Kadıköy appena sveglio. Doveva comprare delle magliette, degli accessori per lo skate. Sapeva che per trovare le migliori occasioni bisogna andare presto".

 

Il padre, però, ha raccontato di aver ricevuto anche una strana telefonata alle 8:20 del mattino. "Abbiamo corso in ospedale, nella zona asiatica, mentre noi viviamo nella parte europea. In nessun caso avremmo potuto immaginare una cosa del genere. E poi, alle otto e venti del mattino. Come è possibile pensare che una cosa simile succeda al mattino? Mattia aveva 14 anni. Era un ragazzo. Frequentava la terza media. La sera, se usciva, gli chiedevamo di non fare tardi. Non tornava mai dopo le nove", ha concluso Minguzzi.

 

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