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Donald Trump firma i primi dazi su Messico, Canada e Cina

Michele Zaccardi
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La guerra commerciale è partita. Da oggi sono in vigore i nuovi dazi nei confronti dei tre principali partner commerciali degli Stati Uniti: Canada, Messico e Cina. Responsabili- secondo la versione di Washington «dell’invasione di migranti e di fentanyl che sta uccidendo migliaia di americani». A dichiararlo è stata la Casa Bianca con una nota, suscitando preoccupazioni per il commercio globale e creando turbamento nei mercati internazionali (Wall Street ha girato in negativo al momento della notizia). Trump ha ribadito i suoi piani per dazi al 25 per cento su Canada e Messico a meno che questi Paesi non intensifichino la lotta contro i migranti illegali che attraversano il confine degli Stati Uniti e il flusso di fentanyl, la droga sintetica simile all’eroina che sta causando una vera e propria strage negli Usa. Da oggi verrà inoltre introdotta un’ulteriore imposta doganale del 10 per cento sui beni provenienti dalla Cina. «La scadenza del 1° febbraio che il presidente Trump ha indicato in una dichiarazione alcune settimane fa è ancora valida» ha detto la portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt. Ma a tremare sono anche i Brics (ovvero Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa): il presidente americano è infatti tornato a minacciarli, brandendo tariffe al 100% se questi Paesi creeranno una loro valuta o ne sosteranno una alternativa al dollaro.

Guarda con attenzione alle prossime mosse di Trump anche l’Unione europea, non risparmiata dalle critiche del presidente e dalle minacce di dazi. Secondo il ministro degli Esteri Antonio Tajani, se l’Europa vuole evitare una guerra commerciale con Trump deve acquistare di più dagli Stati Uniti, aumentare gli stanziamenti per la difesa e deregolamentare per rafforzare l’economia. In un’intervista a Politico.eu, il vicepremier ha spiegato che un modo per affrontare ed evitare la minaccia dei dazi è creare «un clima virtuoso» acquistando più beni dagli Stati Uniti. Ma l’Europa non sembra essere al momento la priorità per Trump, almeno in termini di dazi. Il presidente - ha spiegato la Casa Bianca - non ha ancora preso una decisione sulla tempistica dei dazi per gli europei. Nell’immediato Trump è infatti molto più concentrato a mantenere le promesse fatte in campagna elettorale su Messico e Canada, ritenuti responsabili del flusso di fentanyl negli Stati Uniti, oltre che degli arrivi di migranti irregolari.

 



Smentendo le indiscrezioni delle ultime ore che vedevano trattative in corso e l’ipotesi di un ripensamento con un possibile posticipo al primo marzo, la portavoce della Casa Bianca Leavitt si è espressa in modo netto, confermando che le tariffe «scatteranno domani», cioè oggi 1° febbraio. Leavitt ha anche rintuzzato le dichiarazioni del premier canadese Justin Trudeau, che aveva detto che il Canada è pronto a rispondere con «forza e immediatamente. Non è quello che vogliamo ma, se andrà avanti, agiremo anche noi». Una minaccia di ritorsioni che non è affatto piaciuta dalle parti della Casa Bianca. «Trudeau» ha detto Leavitt «farebbe meglio a parlare direttamente con Trump prima di rilasciare queste dichiarazioni ai media».

Durante la guerra commerciale scoppiata fra Stati Uniti e Canada nei primi quattro anni dell’amministrazione Trump, Ottawa aveva risposto imponendo tariffe sul succo d’arancia della Florida, sul whiskey e sul bourbon. La stessa strada potrebbe essere seguita anche in questa occasione. Il Canada però potrebbe anche ricorrere all’opzione “nucleare” dell’energia, la sua arma più pesante contro gli Stati Uniti. Almeno una trentina di Stati americani dipendono infatti dall’energia canadese e l’imposizione di dazi all’export verso gli Usa si tradurrebbe in un aumento dei prezzi di elettricità, gas e benzina che Trump ha promesso agli americani di far scendere non appena tornato alla Casa Bianca. Ma Trudeau è stato realistico: «Non voglio indorare la pillola» ha aggiunto, avvertendo che i canadesi potrebbero affrontare momenti difficili nei prossimi giorni. In effetti il 75% delle esportazioni di beni e servizi canadesi è diretto negli Stati Uniti: l’economia sarebbe gravemente colpita dai dazi promessi da Trump. Consapevole di poter essere ancora più penalizzata dalla scure dei dazi di Trump, la Cina segue con attenzione gli sviluppi. Il caso DeepSeek sembra aver aumentato le chance di nuove misure americane contro Pechino in termini di controlli all’export e anche tariffe nel nome dell’America First per difendere il dominio della tecnologia a stelle e strisce.

 

 

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