Quegli italiani che applaudono alla macabra messinscena dei tagliatole di Hamas
Quando c’è di mezzo Hamas, essere buoni profeti e dunque azzeccare il pronostico sul comportamento di molti media italiani è piuttosto facile: basta purtroppo prevedere il peggio. E così Libero, abbastanza agevolmente, vi aveva anticipato che con rare eccezioni - la grande informazione si sarebbe bevuta (e subito dopo avrebbe generosamente rilanciato) la propaganda orchestrata dai terroristi palestinesi. E infatti ieri leggere i giornali italiani era francamente impressionante, un’esperienza psichedelica.
Qualcuno ci ha presentato la giornata di domenica come una festa (“Un giorno di pace”, secondo Repubblica), mentre qualcun altro, pur mostrando l’orrenda foto dei terroristi armati fino ai denti che fino all’ultimo hanno sadicamente minacciato le tre donne che stavano per essere liberate, ha comunque scelto nella titolazione una chiave improntata all’ottimismo più spinto (“Ostaggi, l’abbraccio di Israele”, secondo il Corriere). Ah sì? Peccato che però le immagini dicessero tutt’altro: un lugubre show, una macabra messinscena da parte dei terroristi con l’obiettivo di mostrarsi in pieno controllo del territorio, oltre che capaci di minacciare e spaventare l’opinione pubblica israeliana e quella mondiale. La sensazione è che in troppi non abbiano compreso, o abbiano finto di non averlo fatto, l’entità della posta in gioco nelle prossime settimane: che non è solo la sorte di 33 persone (ammesso che siano tutte vive), e cioè di una piccola frazione delle cittadine e dei cittadini israeliani sequestrati il 7 ottobre. In palio c’è molto di più: la pacificazione della regione (che Hamas non vuole), il disarmo dei terroristi e la necessità di metterli in condizione di non nuocere oltre. Il messaggio di Hamas è diametralmente opposto: noi siamo ancora qua, e intendiamo riprendere da dove ci eravamo fermati.
Di più: intendiamo usare questo cessate il fuoco per mostrare al mondo che ci siamo riorganizzati. Non occorre essere campioni di scacchi, per definizione sempre due o tre mosse proiettati in avanti, per immaginare le prossime mosse dei terroristi: ogni singolo e ulteriore rilascio avrà modalità altrettanto spettacolari e violente. Ogni volta sarà un thrilling: un ostaggio vivo, un ostaggio morto, un altro orrendamente mutilato, un altro ancora (diranno) colpito dagli israeliani. Sapendo di poter contare come grancassa mediatica sull’apparato dell’informazione occidentale (a partire da quella cosiddetta “progressista”), sistematicamente pronta, in odio a Netanyahu, a dare per buone le tesi dei terroristi, a sposarne le narrazioni, a riferire dati e cifre come se fossero certificati da una sorta di Istat. Riguardate le immagini del rituale di degradazione a cui sono state sottoposte domenica le povere Romi, Emily e Doron: un clima infernale, i terroristi minacciosi e incappucciati, l’incertezza crudele fino all’ultimo istante. E - a occhio e croce- le tre ragazze saranno state, tra gli ostaggi, quelle nelle condizioni meno peggiori. Figuriamoci gli altri. A proposito. Dov’erano - qui da noi le compagne e i compagni della sinistra sempre pronti a gridare contro il “patriarcato”? L’orrenda scena di quel manipolo di maschi con il mitra, con le altre belve intorno assetate di sangue e vendetta, e con tre donne in mezzo, non avrebbe meritato una parola, una sillaba, un sospiro, anche in chiave femminile e femminista? E invece no: silenzio di tomba. Sciopero pure delle femministe, in attesa di quello dei magistrati. E quel trionfo di divise e mimetiche? Ma come, non si era detto che a Gaza erano tutti “civili”? O forse - come vi diciamo da sempre - la popolazione civile è divisa tra una sostanziale adesione al verbo terrorista e una sottomissione indotta dalla paura? E tutti quegli smartphone per riprendere la scena? Ma come? Non era in corso un “genocidio”?
E tuttavia le vittime, prive di pane, hanno l’iPhone in mano? La verità è che l’intero evento - si direbbe in linguaggio cinematografico era scripted and staged, cioè sceneggiato e poi messo materialmente in scena. Guardate la foto che vi mostriamo, ripresa dall’alto, che mostra quanto fosse schiacciata su più lati la piccola folla affinché apparisse enorme nelle riprese frontali. Hamas ha organizzato tutto (inclusi i video) per ingannare il mondo, contando sul fatto - poi regolarmente avvenuto - che gran parte del sistema mediatico occidentale avrebbe collaborato attivamente. Sarà impopolare dirlo, ma la cosa migliore - prima o poi - sarebbe finire il lavoro avviato dall’esercito israeliano, e cioè estirpare la malapianta del terrorismo da Gaza e dalla regione. Se non lo faremo, in prima battuta assisteremo ad altri show come quello dell’altro giorno (una sostanziale “recita” di potenza), ma in seconda battuta - quando le belve si saranno davvero riorganizzate - rischiamo di essere spettatori di altre giornate simili al famigerato 7 ottobre.