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Regno Unito, debito, tasse e sussidi: la ricetta laburista scatena la rivolta di imprese e mercati

Sandro Iacometti
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Promemoria per gli esperto ni di politica ed economia: non furono le politiche liberiste di Liz Truss a provocare la tempesta finanziaria che nell’autunno del 2022 disarcionò in una cinquantina di giorni la premier conservatrice, ma la scarsa capacità di tenere le finanze pubbliche al riparo dalle congiunture nazionali e internazionali. Ora, infatti, a scatenare la paura dei mercati britannici non è il taglio delle tasse, bensì esattamente il suo contrario.

Nel programma economico del governo laburista guidato da Keir Starmer e messo a punto dalla cancelliera dello Scacchiere Rachel Reeves, infatti, ci sono circa 50 miliardi di euro di nuove imposte e sussidi a pioggia per gli statali. Misure che hanno provocato il crollo della fiducia di imprese a famiglie, il blocco degli investimenti e delle assunzioni e l’aumento dei prezzi. Risultato: la crescita del Regno Unito, che nel primo semestre del 2024, sotto i conservatori di Rishi Sunak, era stata la più brillante del G7, ha messo la retromarcia. Di qui il panico degli investitori finanziari: rendimenti dei titoli decennali di Stato, i Gilt, ai massimi dal 2008, quelli trentennali sono saliti ai livelli di 26 anni fa, mentre il valore della sterlina è tornato indietro di 16 anni, dopo una pioggia incontrollata di vendite sui mercati valutari. Circostanze che, aumentando la spesa per gli interessi sul debito, hanno già bruciato il piccolo tesoretto da circa 10 miliardi di sterline messo in cascina dalla Revees, rendendo necessaria una correzione in corsa per far tornare i conti.

 

 

 

Un’ipotesi che, tuttavia, la cancelliera britannica non vuole neanche prendere in considerazione: ««Mi sono impegnata ad avere solo un bilancio all'anno e quel bilancio sarà in autunno». Quanto alla valanga di tasse messa in manovra, «le regole fiscali che ho presentato nel bilancio di ottobre non sono negoziabili e adotteremo misure per assicurarci di rispettarle». Le dichiarazioni sono arrivate durante un viaggio istituzionale in Cina che la Reeves, malgrado le proteste delle opposizioni, non ha voluto rimandare. I conservatori la accusano di essere «fuggita» anziché spiegare come intende risolvere la crisi economica del Regno Unito, mentre i liberaldemocratici dicono che dovrebbe restare nel Paese e annunciare un “piano B” per affrontare la volatilità del mercato.

 

 

 

Pressioni che, almeno per ora, non sembrano aver scalfito le sue convinzioni. «La crescita è la missione numero uno di questo governo», ha detto durante una visita al flagship store di Pechino del produttore di biciclette britannico Brompton Reeves, «e la stabilità economica è il fondamento della crescita economica e della prosperità». Parole che, in linea di principio, possono anche essere sottoscritte. Il problema è che nel Regno Unito ora tutto c’è tranne la stabilità economica. La sensazione è che quello in Cina sia una sorta di viaggio della disperazione. Il Dragone, ha spiegato la Reeves, «è la seconda economia del mondo e le sue azioni hanno un impatto enorme sulle persone da Stockton a Sunderland, in tutto il Regno Unito, ed è assolutamente essenziale per noi avere un rapporto» con il Paese asiatico. Per questo si è presentata insieme al governatore della Bank of England, Andrew Bailey e ai dirigenti di diverse banche. Insomma, pur di non ammettere che il suo piano tasse e sussidi sta mettendo in ginocchio il Paese, il ministro dell’Economia laburista è disposto anche a presentarsi a Pechino con il cappello in mano. A pochi giorni dall’insediamento negli Usa di Donald Trump che proprio con la Cina sembra intenzionato a scatenare la più grande guerra commerciale mai vista negli Usa.

 

 

 

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