Cecilia Sala, la telefonata drammatica: "Mi hanno tolto gli occhiali, dove mi fanno dormire"
La prigione di Evin non è una passeggiata. E la detenzione di Cecilia Sala ne è una prova. La giornalista italiana dorme per terra, su una coperta, in una cella lunga lo spazio giusto per potercisi sdraiare a malapena. L’unico lusso, come riporta ilCorriere, è una coperta aggiuntiva, per combattere un freddo micidiale che fiacca sia il corpo che la mente. Cecilia non vede nessuno dal 27 Dicembre, quando ha incontrato l’ambasciatrice italiana a Teheran, Paola Amadei. E nemmeno con le guardie del carcere ha un minimo rapporto, perché le passano il cibo attraverso una fessura nella porta della cella, perlopiù datteri.
Il pacco che si diceva avesse ricevuto, quello con cioccolato, sigarette, maglioni, libri e una mascherina necessaria per proteggersi da una luce al neon sparata nelle celle h24 e che rende il sonno una vera e propria battaglia di nervi, quel pacco lì non è mai arrivato. Per di più, anche una privazione: le sono stati confiscati anche gli occhiali da vista. Come se bastasse per non vedere l’orrore del regime. Le autorità iraniane avevano dichiarato, nel giorno dell’arresto del 19 dicembre: “Tratteremo la reporter italiana in modo dignitoso”. Una bugia bella e buona, la “dignità” è una parola sconosciuta. Fin qui a Cecilia concesse 3 telefonate: alla mamma, al papà, al compagno e collega Daniele Raineri. La Farnesina ne chiede la liberazione immediata, ma da Teheran fanno orecchie da mercante. Gli ayatollah dicono che “ha violato le leggi della Repubblica islamica”, ma in che modo lo abbia fatto non lo si capisce e sa tanto di pretesto per far liberare Mohammad Abedini-Najafabad, ingegnere iraniano esperto di droni e detenuto in Italia dallo scorso 16 dicembre su mandato degli USA. Lui, al contrario di Sala, è trattato con i guanti: ha un materasso, coperte, libri, vestiti e contatti umani. Verrà processato secondo le leggi del diritto internazionale.
L’Iran, invece, va contro le sue stesse leggi se è vero che, per l’articolo 38 della sua Costituzione, l’isolamento non è consentito né dalla legge statale, né da quella religiosa: “Sono vietati qualsiasi tipo di tortura, estorsione di confessioni o acquisizione di informazioni, costrizione degli individui a testimoniare, giuramenti forzati”. Una legge mai rispettata. Elahe Ejbari, studentessa iraniana scappata in Germania e detenuta tre mesi in isolamento a Evin, intervistata dal Corriere della Sera ha raccontato: “Nella mia cella singola non c’era il materasso, né il cuscino, ma solo due coperte. Morivo di freddo. Non c’erano finestre. Non avevo libri, penne, nulla. Se dovevo andare in bagno, bussavo alla porta. Le guardie non arrivavano mai. A volte ho aspettato ore. Cercavo di stare vigile e non perdere la lucidità. Sapevo che mentivano su Cecilia Sala, le autorità iraniane non fanno favori. Non dovete fidarvi delle loro parole. È la loro strategia, esercitano una pressione sempre maggiore per ottenere quello che vogliono. In questo caso la liberazione di Abedini. Vedrete che la porteranno nel reparto femminile del carcere, dove sicuramente le attiviste iraniane diventeranno sue amiche e la guideranno nell’inferno di Evin”. Il grido di Cecilia, intanto, è uno solo: “Fate presto!”.