Ecco perché la Germania avrà un governo incolore
Un accordo informale per una campagna elettorale «corretta», senza dichiarazioni deliberatamente false, senza attacchi personali, senza sminuirsi fra avversari e discutendo «rispettosamente» escludendo anche «ogni forma di estremismo religioso o razziale«. E un patto: «Nessuna cooperazione con l’AfD e con i partiti non liberal-democratici». A impegnarsi in vista delle elezioni del 23 febbraio in Germania sono stati i moderati dell’Unione Cdu-Csu guidati da Friedrich Merz, i socialdemocratici (Spd) del cancelliere uscente Olaf Scholz, i Verdi di Robert Habeck ma anche i Liberali (Fdp) e i socialcomunisti (Die Linke).
Sondaggio Insa alla mano, dei cinque partiti in gara solo l’Unione dei moderati è in crescita rispetto alle elezioni del 2021 ma dovrebbe fermarsi attorno al 31%, ossia due punti sotto al peggior risultato mai ottenuto da Angela Merkel (il 32,9% nel 2017). I Verdi dovrebbero perdere due punti a quota 12% e la Spd inabissarsi dal 25,7% di tre anni fa a un debolissimo 17% mentre Fdp e Linke resterebbero entrambi fuori dal Bundestag incapaci di superare l’asticella del 5%. Il patto perla correttezza altro non sarebbe che una coalizione di perdenti incapaci di arrestare la crescita delle estreme con i sovranisti dell’AfD avvistati al 20% e i rossobruni del Bsw al 7%. Due partiti capaci di raccogliere lo scontento degli elettori (soprattutto all’est) per una crisi economica che morde e una crisi energetica ancora nel guado. Con AfD nessuno vuole avere nulla a che fare: il partito è nell’occhio dei servizi di intelligence per connivenza di non pochi suoi dirigenti con l’eversione neonazi. Stesso discorso vale per Bsw: il nuovo partito di Sahra Wagenknecht nato da una costola della Linke. Fortissimi nei Länder dell’ex Ddr, dove il Pil è sotto la media e la crisi demografica irreparabile, sia Bsw sia AfD hanno agende euroscettiche, antimmigrati, anti-Ucraina e filo-Russia, incompatibili con una Germania il cui cuore economico batte a sudovest e i cui partiti di governo sono espressione dei Länder più benestanti.
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È anche in quest’ottica regionale che va letta la crisi dei Volkspartei, degli ex grandi partiti capaci di rappresentare classi, ceti produttivi, gruppi d’età e Länder distanti fra loro. Due esempi: l’Unione dovrebbe prendere il 43% in Baviera e il 38% in Assia ma solo il 19% nell’orientale Meclemburgo. Comunque, meglio della Spd che sempre all’est, in Turingia, è avvistata al 6% ma avrebbe il 32% ad Amburgo. Nella città anseatica AfD dovrebbe raccogliere il 10% dei voti per balzare invece al 34% dei voti in Turingia. Se alle elezioni mancano ancora quasi due mesi, già si intuisce come la via di Merz per formare il governo sia segnata. Escludendo i tradizionali ma oggi irrilevanti alleati Liberali, escludendo AfD che a differenza di tanti altri partiti sovranisti europei non ha intrapreso alcun cammino verso il centro politico, escludendo il Bsw che punta solo a buttare la Germania fra le braccia di Putin ed escludendo i Verdi che con uno scarso 12% non avrebbero abbastanza deputati per garantire la maggioranza assoluta, l’avvocato Merz può solo sperare nel soccorso della Spd, un soccorso rosso-grigio visto che il partito di Scholz è votato quasi solo dagli over 55. A febbraio l’Unione Cdu-Csu dovrà avere l’accortezza di non sconfiggere troppo la Spd. L’alternativa è fare la fine di Michael Kretschmer: il rieletto governatore Cdu della Sassonia – dove AfD a settembre ha strappato il 30,6% dei voti – ha da poco varato una nuova große Koalition con la Spd. Una coalizione che, a dispetto del nome, altro non è che un governo di minoranza.
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