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Gianluca Di Gioia, l'esperta rivela: "L'attacco spesso è un morso di prova", come è morto

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"Si è avvicinato per prestare soccorso all’altro ragazzo ed è stato trascinato sott’acqua dallo squalo. Mio padre sta meglio ma è ancora ricoverato. Hanno eseguito la sutura di tutte le ferite riportate, fortunatamente non profonde, e dovrebbe essere dimesso oggi pomeriggio". Così a ’Non Stop News’ su Rtl 102.5 la figlia dell’uomo attaccato dallo squalo in Egitto, episodio in cui ha perso la vita Gianluca Di Gioia.

La donna ha aggiunto: "Sicuramente le autorità egiziane sono più esperte di noi, mio padre va in Mar Rosso da molti anni e da quello che ho capito si trovava nella zona di balneazione. Quanto si sia spinto per salvare Di Gioia, non glielo so dire e sicuramente staranno facendo gli accertamenti in Egitto. Non sappiamo dove fosse Di Gioia, se in una zona balneabile o no, ovviamente in mare è riuscito poco a rendersi conto di quanto si stava allontanando dalla barriera. Probabilmente se mio padre se ne fosse fregato, non si sarebbe ferito, sicuramente mio padre non si è buttato dal pontile per distrarre lo squalo, in quanto non lo aveva proprio visto".

 

 

Intanto su quanto accaduto è intervenuta la professoressa Emanuela Fanelli, ricercatrice dell’Istituto per le risorse biologiche e le biotecnologie marine del Cnr: "Statisticamente, è molto più probabile morire per un morso di una zanzara o per un attacco di ippopotami che per uno di squali. Di rado si avventano sugli uomini: non ci predano deliberatamente", spiega in un'intervista al Corriere. Poi spiega quale possa essere il motivo che spinge gli squali ad attaccare l'uomo: "Magari vedono dei movimenti frenetici che possono interpretare come quelli di una preda in difficoltà. Altre volte la causa sono pratiche errate del turismo di massa come lo sharkfeeding, ovvero dare loro da mangiare sempre in uno specchio di mare per avvicinarli a chi fa immersioni. Li abitua ad associare l’uomo al cibo e contribuisce ad alterarne il loro comportamento". Infine aggiunge: "La maggior parte degli attacchi sono “morsi di prova”: cercano di capire se siamo una fonte di cibo valida. Però, il nostro sapore non li soddisfa: non abbiamo il grasso che trovano, a esempio, in una foca. Per questo gli attacchi letali alle persone sono rari". 

 

 

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