Bird strike vero incubo dei piloti: perché gli uccelli possono far cadere gli aerei
Tutto il mondo, o quasi, è venuto a sapere cosa sia un “bird strike” il 15 gennaio 2009, quando un Airbus della compagnia americana US Airways appena decollato dall’aeroporto newyorkese di La Guardia fu costretto ad un ammaraggio sul fiume Hudson dopo che entrambi i suoi propulsori erano stati messi fuori uso dall’impatto con uno stormo di grosse oche canadesi. Quell’incidente passò alla storia come “il miracolo sull’Hudson” perché tutti uscirono illesi dall’aereo. Ieri, in Corea, l’epilogo di quanto accaduto a Muan è stato invece un’immane tragedia. Nella serata italiana di ieri solo una delle due scatole nere era stata recuperata e ci vorranno mesi perché l’indagine su quanto accaduto al 737 di Jeju Air giunga a risultati attendibili.
Ma, al momento, grazie ai video girati con lo smartphone da alcuni testimoni, quello del “bird strike”, dell’impatto con gli uccelli, sembrerebbe la causa più verosimile della catena di eventi che hanno provocato 179 vittime. Muan si trova in un’area particolarmente esposta alla presenza di stormi di uccelli, perché sorge in una zona vicina al mare e costellata da paludi salmastre in cui nidificano centinaia di specie di volatili. Ma il fenomeno è, forse, la peggior piaga per il trasporto aereo pressoché ovunque, almeno stando ai numeri: nella sola Corea del Sud, negli ultimi sei anni, si sono registrati oltre 600 impatti tra aerei e uccelli. Negli Stati Uniti se ne registrano, in media, 13mila l’anno. Numeri che dicono come, nella stragrande maggioranza dei casi, l’impatto aereo-uccelli sia privo di conseguenze, con l’eccezione in cui i volatili sfondino il parabrezza della cabina di pilotaggio (evento rarissimo ma accaduto) o finiscano nei motori.
Guasto al carrello: l'ala prende fuoco e l'aereo si inclina, panico a bordo | Video
In questo caso, possono danneggiare le pale del compressore o essere aspirati nella turbina e provocare lo spegnimento del propulsore colpito.
Secondo un dato dell’americana Federal Aviation Administration, il 92% degli impatti si verifica al di sotto dei 900 metri di quota e mette in condizioni di grave stress i piloti, il cui imperativo è quello di riportare a terra l’aereo nel più breve tempo possibile. Nel caso in cui almeno uno dei due motori abbia ancora potenza, la manovra si conclude con un atterraggio di emergenza senza alcuna conseguenza per chi è a bordo. Tuttavia, lo spegnimento di un motore può avere conseguenze sui sistemi idraulici che permettono di azionare alcune superfici di controllo del velivolo e i carrelli d’atterraggio, perché può provocare la caduta di pressione dell’olio e di altri fluidi che ‘girano’ in quei sistemi. E complicare moltissimo le cose.