Donald Trump, se la vera Casa Bianca si trova a Mar-A-Lago
Casa e bottega. Più che succursale estemporanea, un centro di potere fuori dal circuito dell’ufficialità dove si prendono decisioni che contano. Altro che club casalingo esclusivo. Mar-a-Lago rientra nella storia dalla porta principale nel momento in cui si chiudono i cancelli alle spalle degli ospiti di Donald Trump che fa da anfitrione nel suo quartier generale. Perché un invito qui, se prima era per pochi, adesso lo è per il cerchio magico selezionato.
La Casa Bianca di Washington D.C. è un simbolo, la megavilla della Florida è l’epicentro da cui si irradiano segnali e direttive della politica a stelle e strisce negli Usa e in tutto il mondo. Telefono rosso e valigetta con i codici a parte, e a parte pure il ricordo della visita dell’FBI a caccia dei files desegretati sull’assassinio di John Kennedy nel buen retiro del suo successore Trump. Cambiano le strategie ed è cambiato tutto il sistema burocratico e formale, con l’impronta del tycoon che delle etichette si cura ben poco e delle formule della diplomazia ancor meno.
Ecco Mar-a-Lago trasformata in contenitore di fedelissimi e di idee, incubatrice di teorie e strategie trumpiane e muskiane, edificio che fa subito rima con ufficio: basta aprire le porte pure di oltre cinquanta camere da letto per ospiti selezionati, quelli che contano e che pesano nel circolo presidenziale, e quelli che vorrebbero entrarci anche dalla finestra. Non è un’assoluta novità, ma è nuova l’importanza assunta dall’alternativa ai luoghi ufficiali del potere, col Trump-bis che intende mostrare da subito decisionismo, tempismo, risolutezza, senza troppi fronzoli e senza troppo curarsi dell’etichetta. È il nuovo corso che ha qualcosa di già visto, riveduto e aggiornato. Dall’altra parte del globo Vladimir Putin non disdegnava incontri al vertice nella sua dacia (avvolta dal mistero).
"Record di donazioni". Sapete chi c'è tra i benefattori di Trump? Una lezione alla sinistra
Il suo mito Stalin nella dacia le decisioni le prendeva da solo, perché il confronto non apparteneva al suo mondo di terrore, e infatti quando venne stroncato da un ictus, nessuno si azzardò a entrare nella sua camera per soccorrerlo, e amen. Adolf Hitler qualche volta sostituì la Cancelleria di Berlino con Berchtesgaden in Baviera. Mussolini nella residenza privata di Villa Torlonia non ha mai tenuto consigli, e neanche ne ha ascoltati dalla sanguigna moglie Rachele che il 24 luglio 1943 gli aveva detto di far arrestare i gerarchi del Gran Consiglio e il 25 di non andare da Vittorio Emanuele III, il quale infatti lo fece arrestare dai carabinieri, ma solo appena uscito dalla residenza, per salvare la faccia già perduta. All’acqua di rose i politici nostrani contemporanei nel fare e disfare con la propensione tutta italiana all’accomodamento, al compromesso, alla via sicura per capra e cavoli e al colpo basso.
"Vogliamo terminare la guerra". Putin pronto a negoziare con Kiev (in Slovacchia)
Dalle alchimie politiche alle ricette fatte in casa, un’intesa tra contrari perché, come sosteneva Flaiano, gli italiani prima o poi riescono a mettersi d’accordo persino con il diavolo. Ecco nel 1997 Massimo D’Alema ai fornelli intento a preparare il risotto per addolcire l’arcigna immagine di “baffino di ferro” davanti alle telecamere di Porta a Porta, seguito dal patto dei patti, quello della crostata in casa di Gianni Letta, tra D’Alema, Franco Marini, Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini, per salvare la Commissione bilaterale.
Di patti tra i piatti, fuori dalle sedi deputate, quello delle sardine del 1994, con D’Alema (sempre lui), Umberto Bossi padrone di casa con frigo sguarnito e Rocco Buttiglione col sigaro per la trappola della caduta del primo governo di Silvio Berlusconi. Patti minori hanno visto la luce con meteore e seconde linee, ma di scarso impatto, Nazareno compreso: quello con Matteo Renzi, proverbiale nel tener fede alla parola. Una cucina non vale la terza camera di Bruno Vespa (dove Berlusconi firmò il contratto con gli italiani) e le case d’occasione o i ristoranti non valgono gli spazi salottieri Mar-a-Lago. Sempre machiavellici ma ruspanti gli italiani, sempre grandiosi ed esagerati questi americani.