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Il solito tentativo di coprire l'Islam

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Daniele Capezzone
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Se non stessimo parlando di un’autentica tragedia – con un numero di morti e feriti che è purtroppo cresciuto ulteriormente nella giornata di ieri – ci sarebbe perfino da sorridere sul trattamento politico e mediatico della strage presso il mercatino di Natale di Magdeburgo. Nelle prime ore dopo i fatti, sembrava un attentato di matrice islamista che potremmo definire “semplice”. Un grande e terribile classico: un fondamentalista islamico che travolge i passanti in un’ambientazione natalizia.

E allora, in quella fase e davanti a un’evidenza di quel tipo, che fanno le redazioni “islamicamente corrette” in prima battuta? Ricorrono al consueto repertorio di attenuazioni e – direi – soprattutto di spersonalizzazione del crimine. Ecco dunque i titoli che abbiamo letto ieri mattina su troppi giornali: “auto sulla folla”, “vettura tra la gente”, come se l’auto si fosse guidata da sola. Dopo di che, nel corso della giornata di ieri, il profilo dell’attentatore è emerso come più caotico, carico di elementi contraddittori. Saudita, da diciott’anni in Germania, lo stragista ha disseminato nel tempo tracce in direzioni opposte. Per un verso, negli anni ha cercato di accreditarsi come critico dell’Islam, come neo-odiatore della religione di provenienza, addirittura timoroso di rientrare in Arabia Saudita, e non sono mancate sue condivisioni online di contenuti riferibili al partito AfD o espressioni di simpatia verso Elon Musk. Ma per altro verso, da parte saudita si fa notare come Riad avesse chiesto l’estradizione dell’uomo (negata dalla Germania) e avesse avvisato i tedeschi di possibili intenzioni terroristiche del soggetto. Non solo: sempre da parte saudita si aggiunge che la postura anti-Islam poteva essere un mascheramento delle reali intenzioni del terrorista, oltre che un modo per guadagnarsi la protezione umanitaria in Germania. Di più: le stesse fonti saudite sottolineano il passato criminale dell’uomo (traffico di esseri umani, soprattutto ragazze, ecc). In questi casi, saggezza suggerirebbe di raccontare tutto (come stiamo facendo qui), di non trascurare nessuna ipotesi, e soprattutto di consentire al lettore di avere la mente ben aperta su più scenari.

Anche perché, a essere logici, non si vede perché un tipo, se avesse davvero odiato l’Islam, se la sia presa con un mercatino di Natale e i suoi frequentatori, anziché dirigersi contro una moschea. A meno di accettare il supercontorto schema di un islamico che è diventato anti-islamico e adotta modalità terroristiche islamiche per denunciare il rischio-Islam. Per carità: tutto può essere, ma sembra davvero una spiegazione molto barocca. Anche perché c’è un punto fattuale che gli inquirenti farebbero bene a non trascurare: tra le cose scritte (anti-Islam) e le cose effettivamente fatte (anti-Natale), le seconde dovrebbero avere più peso delle prime nella ricostruzione delle intenzioni dello stragista. E tuttavia, per tornare al tema del racconto mediatico, davanti a questi elementi contraddittori, che hanno fatto ieri le redazioni “islamicamente corrette”? Fino a poco prima, come si diceva all’inizio, avevano attenuato e spersonalizzato (“auto sulla folla”, ecc). Ma poi, in presenza delle nuove caotiche informazioni, che hanno fatto? Hanno pressoché completamente cestinato gli elementi che confermerebbero il primo schema, e invece si sono buttate sull’altra narrazione (da loro evidentemente ritenuta più funzionale) e se ne sono letteralmente innamorate. E allora – oplà – ecco i titoli online di ieri sullo stragista fan di AfD e nientemeno che tifoso di Elon Musk. E così il gioco è fatto: scaraventare fango e responsabilità morali verso i bersagli politici e culturali sgraditi. L’operazione è talmente grossolana da risultare perfino patetica, eppure è ciò che ci è stato ammannito nelle ultime ventiquattr’ore. Ovviamente non funzionerà. Perché le persone normali, il cui cervello non sia in ammollo nel brodo woke, comprendono bene che le parole chiave della storia sono e restano due: immigrazione e Islam. Quanti più islamici fai entrare, e quanti più ne porti in casa in una logica di immigrazione incontrollata, tanto più sarai esposto a episodi come questo. I dettagli sono – appunto – dettagli, ma la sostanza è questa qua.

E invece, in base alla narrazione che ci si vorrebbe imporre, Islam e immigrazione non c’entrano mai. Nel curioso “algoritmo” politicamente corretto, l’albero delle ipotesi è presto fatto. Se lo stragista è islamico e si professa tale, allora bisogna dire che è un “folle”, un “malato”. Se invece si professa diversamente, allora bisogna buttarsi su queste diverse connotazioni (“di destra”, “muskiano”) e spararle nei titoli a caratteri di scatola. Nel primo caso, bisognerà sostenere che l’uomo non era lucido; nel secondo caso, invece, l’uomo diventerà magicamente lucidissimo. E ancora: nel primo caso, bisogna puntare sull’oggetto (l’auto, il veicolo), mentre nel secondo caso si può (si deve!) soggettivizzare al massimo. L’essenziale è che, nel racconto buonista, l’Islam e l’immigrazione siano sfocati, attenuati, il più possibile sullo sfondo. Come si diceva, però, si tratta ormai di tentativi patetici davanti a un’opinione pubblica che ha ben chiaro sia – in generale – il pericolo dell’immigrazione di massa, sia – in particolare – quello delle componenti fondamentaliste. Morale: l’operazione mediatica anti-AfD non solo è destinata a non funzionare, ma potrebbe rappresentare altro carburante nel serbatoio di quel partito. Anche perché sarà ben difficile occultare un altro aspetto macroscopico: la debacle tedesca sul piano della prevenzione e dell’attività di intelligence. E se per caso le fonti saudite avessero ragione sul tema di una richiesta di estradizione avanzata da Riad e respinta dalla Germania, questo elemento potrebbe diventare il classico colpo del ko per Scholz e la sua coalizione in vista delle elezioni di febbraio. E – semmai – altro vento destinato a gonfiare le vele di AfD.

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