Assad, una dinastia di dittatori tra comunismo e crudeltà
Dal padre Hafez, Bashir al Assad ha ereditato la stessa composta e rilassata postura, oltre al potere, una pacatezza di facciata che contrasta con tutti i guai che la Siria ha dovuto affrontare da quando ha conquistato l’indipendenza nel dopoguerra. Il comandante dell’aviazione Hafez si impadronì del potere nel 1970 dopo un colpo di Stato del Ba’ath, il partito socialista panarabo filosovietico di cui faceva parte, e dopo una resa dei conti all’interno dello stesso ordita dall’ala militare alawita di cui Assad era il leader. È quella che poi è passata alla storia come la “rivoluzione correttiva” che fece piazza pulita dei vertici responsabili tra le altre cose della sconfitta nella Guerra dei Sei Giorni. Il nuovo capo di Stato, eletto presidente della Repubblica nel 1971 e più volte riconfermato, instaurò un regime monopartitico, dittatoriale e quasi paranoico, in cui anche il minimo sospetto di dissenso poteva costare la prigione o la morte. (...)
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