Immigrazione, Erdogan può far saltare l'Europa: rotta balcanica, quanti ne possono arrivare
Venerdì scorso è attraccata al Molo Manfredi di Salerno una nave con a bordo 33 immigrati siriani. Si tratta di un anticipazione di quello che potrebbe accadere dai prossimi giorni in grande stile con il riaprirsi dei combattimenti in Siria tra i cosiddetti ribelli e le forze di Assad?
In realtà gli immigrati siriani non hanno mai smesso di raggiungere clandestinamente le nostre coste, o comunque l’Europa attraverso altre rotte, e già con la guerra in Libano la situazione si era fatta particolarmente delicata. Il Paese dei Cedri ospita infatti oltre 1,5 milioni di rifugiati siriani e palestinesi, molti dei quali si trovano nelle zone più colpite dai bombardamenti israeliani, cioè quelle sotto il controllo di Hezbollah a sud e a ovest. Dati ufficiosi parlano di addirittura 400mila persone già scappate all’estero, più della metà delle quali riparate in Siria.
«Il tema va portato subito a livello europeo altrimenti la situazione può diventare deflagrante, sia in territorio Libanese che a casa nostra», aveva detto sempre a ottobre il presidente del Consiglio Giorgia Meloni in visita in Libano. I riparati in Siria peraltro sono perlopiù diretti in Turchia dove attualmente sono già “ospitati”, anche a spese nostre, 3,1 milioni di rifugiati siriani registrati.
STRUMENTO COSTOSO
Gli aiuti Ue per i rifugiati in Turchia infatti, secondo lo “Strumento” caldamente voluto dalla Merkel varato nel 2016, ammontano a 6 miliardi di euro, spesi, secondo una relazione della Corte dei Conti risalente al giugno di quest’anno, male, anzi malissimo. Secondo la Corte infatti i progetti finanziati sono in ritardo rispetto alle scadenze previste e, una volta terminato il sostegno UE, non è certo che verranno continuati. Ankara inoltre non ha nessuna intenzione di accogliere nuovi rifugiati, né quelli provenienti dal Libano, né tantomeno quelli che arrivano direttamente dalla Siria dopo la nuova avanzata dei ribelli, i bombardamenti russi e la probabile guerra che ne seguirà. Al contrario negli ultimi tempi il governo turco sta perseguendo una politica di lotta all’immigrazione irregolare seguendo peraltro gli umori dei cittadini che, secondo un recente sondaggio Ipsos, sono per il 77% favorevoli alla chiusura totale delle frontiere.
Ai nuovi rifugiati non restano dunque che le strade clandestine, che sono le solite, sempre ben battute, testate migliaia di volte in questo decennio e diventate grazie ai trafficanti, al puntuale soccorso delle Ong e alla dabbenaggine dei governanti Ue, delle vere autostrade per l’Europa. La rotta privilegiata è quella che passa sempre e comunque dalla Turchia, una rotta in un certo moto “protetta” dalle autorità locali corrotte o meno che hanno tutto l'interesse a far passare i clandestini fino alle coste di fronte alla Grecia. Le vie di traffico per arrivarvi passano generalmente per Idlib, nel nord ovest della Siria, città in mano tuttora ad Hayat Tahrir Al Sham, e le regioni orientali controllate dai curdi.
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NUOVA EMERGENZA
Una volta attraversata la Turchia, il passaggio via nave per raggiungere le isole greche più vicine è generalmente il più semplice, ma c’è anche un passaggio a nord attraverso il confine sulla terraferma, dove il premier greco Mitsotakis ha fatto costruire un muro di 40 km non del tutto impenetrabile. La terza via è quella via mare con i “barconi”, spesso barche a vela scalcinate, direzione coste del sud italiane. Molti cercano anche di raggiungere Cipro che dalle coste siriane e dal Libano è a un tiro di schioppo, ma quella è la strada meno battuta dai trafficanti perché la più low cost. I clandestini che scelgono questa destinazione sanno anche che difficilmente riusciranno a raggiungere il resto d’Europa in tempi relativamente brevi. Dalla Turchia alla Grecia il costo per immigrato è di 4.500 euro, mentre dalla Turchia all’Italia è di 7.000 euro.
Per l’Europa dunque si profila una nuova emergenza con la concreta possibilità peraltro che tra i nuovi rifugiati siriani si nascondano terroristi, visto che un buon numero di quelli che erano finiti in Libano avevano combattuto per Al Nusra. E dire che proprio quest’anno in ambito Ue si stava discutendo di creare le condizioni per il «rimpatrio sicuro, volontario e dignitoso» dei rifugiati siriani. Un piano lanciato inizialmente a luglio da un “non paper” di Italia, Austria, Croazia, Cipro, Cechia, Grecia, Slovacchia e Slovenia in cui si chiede di riconsiderare la Strategia sulla Siria «nel mutato contesto regionale», senza «legittimare in alcun modo il regime» di Assad e «senza compromessi su democrazia e diritti umani».