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Le tre moschettiere, l'ultima follia woke

Maurizio Zottarelli
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Dunque, ricapitoliamo. Biancaneve è senza il principe soverchiatore e con i nani “cresciuti” per evitare il body shaming mentre la Bella addormentata non si fa più baciare dal suo di principe per non soggiacere al patriarcato; la Sirenetta è diventata afroamericana per essere più inclusiva, in compenso si è scoperto che Il libro della Giungla è razzista e che Mary Poppins discrimina gli Ottentotti... In attesa di sistemare quel maschio tossico del Re Leone, a questo punto, bisognava almeno aggiustare quegli impuniti dei Tre Moschettieri, che poi sono pure quattro. E tutti uomini, anzi maschi.

Per di più. Uno scandalo che dura da quasi due secoli, da quando a metà Ottocento (precisamente nel 1844) Alexandre Dumas iniziò a pubblicare il suo capolavoro inizialmente a puntate sul giornale Le Siècle, e che, diciamolo, doveva finire. A porvi rimedio ci hanno pensato proprio in Francia dove il danno patriarcale aveva avuto origine. Il prossimo 22 gennaio 2025, infatti, nei cinema transalpini uscirà il film Toutes pour une, vale a dire Tutte per una, pellicola che, già dal motto da cui è tratto il titolo, è evidentemente ispirata a I tre moschettieri. Con la non trascurabile variante che in questo caso i protagonisti non sono Athos, Portos e Aramis ma tre donne, di cui, attenzione, una maghrebina e una nera. Così non si scontenta nessuno. E chi se ne importa della verosimiglianza storica, per non parlare del senso del ridicolo, avanti con le cadette di Guascogna multietniche.

 

 

 

A dirla tutta, un precedente si era già registrato un paio di anni fa a teatro con una produzione bresciana dal titolo esplicito, Le Tre moschettiere, il quale, al di là della formulazione che poteva indurre qualche sorriso malizioso, puntava a dimostrare come «il Coraggio, l’Audacia e l’Amicizia non siano caratteristiche» solamente maschili, ma al contrario possono «essere declinate anche al femminile». «Possiamo essere certi», si chiedevano provocatoriamente gli autori della piece «che una Moschettiera donna sia meno forte e valorosa di un Moschettiere uomo?!».

Qui, però, le cose sono state fatte alla grande. Il film sulle moschettiere francesi è costato qualcosa come 11 milioni di euro. E per porre rimedio al secolare dominio maschile, naturalmente, anche la regista è donna, si tratta di Houda Benyamina, mentre le tre moschettiere sono interpretate da Sabrina Ouazani, Déborah Lukumuena e Daphné Patakia. Non è ancora chiaro chi vestirà i panni di D’Artagnan, quello che però sembra certo è che uno dei classici universali della letteratura francese e mondiale è stato arruolato nella diuturna battaglia per la parità di genere. Il messaggio, infatti, che le spadaccine dovrebbero consegnare agli annali del cinema è inequivocabile: un luminoso esempio di libertà e indipendenza femminile, tipico per altro della Francia del Seicento.

 

 

 

È evidente che le bastonate subite dalla Walt Disney dopo la svolta woke non sono servite. E se il colosso americano della fiction ha annunciato una rapida retromarcia, c’è chi invece è deciso a insistere sulla linea dura e pura dell’uguaglianza o morte. Una linea che, però, fin dagli esordi non sembra raccogliere i favori del pubblico. Orde di retrogradi sostenitori del patriarcato, infatti, si sono dati appuntamento in rete per insultare protagonisti e ideatori del film. Qualcuno la butta direttamente in politica: «Questo cinema è a immagine della Francia: woke e stupida. Il problema è che questi film vengono finanziati con i nostri soldi»; e ancora: «Viviamo in un’epoca meravigliosa in cui le “élite” sono totalmente disconnesse dai francesi e dalla realtà». Altri se la prendono con autori e interpreti: «Sono costretti a plagiare le nostre opere. Non sanno creare nulla», «La cosa peggiore sono quelli che accettano di recitare in questo tipo di assurdità propagandistica woke. Non hanno dignità». Scherza con i fanti, ma lascia stare i santi, dicevano i vecchi. Qui hanno scherzato con i moschettieri e hanno messo le mani pure nel sancta sanctorum della letteratura francese. Non un buon inizio.

 

 

 

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