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La pace si costruisce con Israele e Ucraina

Fabrizio Cicchitto
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Caro Direttore, Schumpeter nel suo libro fondamentale “Capitalismo, Socialismo, Democrazia” molti anni fa scrisse fra l’altro: «Non c’è nessun rapporto fra l’Urss e il Socialismo. Il guaio non è che la Russia sia socialista, ma che sia semplicemente la Russia. In realtà il regime staliniano è essenzialmente una autocrazia che governa per mezzo di un partito unico. La sua manifesta tendenza è estendere il proprio controllo su tutta l’Europa e l’Asia non può, è chiaro, identificarsi con una tendenza del Socialismo a diffondersi. Non ne consegue nemmeno che l’espansione del dominio russo prepari il Socialismo». Successivamente sembrò che la situazione potesse migliorare nel 1956 dopo il rapporto segreto di Krusciov durissimo con Stalin, ma subito dopo l’Urss represse con i carri armati il revisionismo di Imre Nagj, che pure era segretario del Partito Comunista Ungherese. Molti anni dopo quasi tutti, Pci in testa, credettero nel riformismo di Gorbaciov, il regime comunista non resse alla prova e crollò per implosione al punto tale che nel 1991 il Pcus cercò di fare un golpe. Dopo pochi mesi di libertà, anzi di anarchia, e del liberismo sfrenato di Eltzin, la Russia, eternamente autoritaria secondo la giusta analisi di Schumpeter, si affidò al capo del Kgb Putin. Ciò non avvenne a caso: il Kgb, crollato il Pcus, era l’unica struttura che rimaneva in piedi per gestire un Paese così complesso come la Russia. Putin non ha nulla a che fare con il comunismo, ma è un dittatore ultranazionalista che combina insieme l’ideologia zarista della Grande Russia con la prassi tipica del Kgb dell’assassinio sistematico degli oppositori e oggi anche della guerra asimmetrica. Se si parte da qui si capisce quello che sta avvenendo. Putin non ha battuto ciglio quando la Polonia, i Paesi Baltici, la Romania hanno aderito alla Nato. È impazzito quando lo ha fatto l’Ucraina cacciando con manifestazioni di piazza Jakulovid che era il corrispettivo di Lukashenko, dittatore della Bielorussia: Putin era terrorizzato dall’effetto di propagazione che la democratizzazione della Ucraina avrebbe potuto rappresentare per le altre repubbliche ex Urss e per la stessa Russia.

Per questo lanciò l’operazione militare speciale in Ucraina che doveva essere un blitz fallito non per l’intervento americano (Biden offri a Zelensky l’aereo per rifugiarsi in Polonia), ma per la spontanea resistenza degli Ucraini, parte dei russofoni compresi, che non dimenticavano i 3 milioni di loro compatrioti uccisi attraverso una carestia organizzata dalla Russia di Stalin. Solo a quel punto i “sonnambuli” occidentali che di Putin non avevano capito nulla (la Merkel lo ha spiegato nelle sue interviste e nel suo libro), si sono parzialmente svegliati e hanno appoggiato l’Ucraina ma con una mano sola (famosa la battuta di Macron: non bisogna umiliare Putin). Se non che Putin, che diversamente dai leader statunitensi ed europei, è un guerrafondaio autentico, si è attrezzato appunto per una guerra di lunga durata. Quello che avviene oggi deriva da lì.

 

 

Putin si è saldato con l’Iran, e quindi con Hezbollah e con Hamas, e con la Corea del Nord sul terreno militare, con la Cina sul piano economico. La strage di Israeliani e di Ebrei del 7 Ottobre è andata benissimo a Putin, perché è servita ad aprire un secondo fronte che ha messo in difficoltà gli Stati Uniti e l’Unione europea. A questo punto solo i filo putiniani e alcuni idioti non colgono il fatto che la battaglia per l’Ucraina e la difesa di Israele, Netanyahu e Gallant che è stato anche il suo oppositore, sono le due facce della stessa medaglia (fra l’altro non si capisce o meglio si capisce troppo bene perché i pacifisti italiani manifestano contro i bombardamenti israeliani su Gaza e non contro quelli Russi in Ucraina). In più, con il missile ultra potente Putin ripropone la stessa operazione che molti anni fa pose in essere Breznev con gli Ss20 puntati contro l’Europa. Allora l’Occidente con il concorso degli USA, della Germania e dell’Italia guidata da Craxi, rispose con l’istallazione dei Pershing e dei Cruise e vanificò quel tentativo di “finlandizzare” l’Europa.

Conclusione: ferma rimanendo l’incognita costituita da Trump (ma non possiamo credere che tardivamente Biden ha inviato i missili a Zelensky senza una intesa con Trump), l’Occidente (Usa e Unione Europea) deve attrezzarsi per rispondere sul piano politico e militare sia a Putin sia all’Iran con annessi Hamas ed Hezbollah perché ciò è la condizione pregiudiziale proprio per arrivare ad una trattativa e ad una “pace armata” (con tipi come Putin, gli ayatollah iraniani e lo stesso Xi Ping, l’unica pace possibile e relativamente sicura è quella fatta avendo la forza deterrente delle armi, altrimenti si va incontro alle spiacevoli sorprese che hanno messo in grande difficoltà la Merkel). L’Unione Europea si attrezzi anche cogliendo i suggerimenti contenuti nel rapporto Draghi. Noi diciamo qualcosa di più: la difesa della Ucraina e quella di Israele, come anche Taiwan, sono le facce della stessa medaglia: non solo per tutelarne i diritti di libertà, ma paradossalmente proprio per evitare nel futuro quella che oggi si paventa come Terza Guerra Mondiale. Solo se si blocca oggi Putin, si evita che egli nel futuro, piallata l’Ucraina, passi a investire i Paesi Baltici e la Polonia: a quel punto l’Occidente sarebbe messo di fronte alla terribile alternativa tra l’accettazione della egemonia russo -cinese -iraniana o lo scatenamento di una vera terza guerra mondiale.

*On. Presidente ReL Riformismo e Libertà

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