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Amsterdam, Ajax-Maccabi Tel Aviv: caccia all'ebreo nel cuore dell'Europa

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Guardateli. Sto parlando, con rare eccezioni di sincerità e buona fede, di molti politici e intellettuali di sinistra, non solo italiani. Dalla notte scorsa, dopo l’indegna caccia all’ebreo avvenuta ad Amsterdam, hanno indossato come una maschera una specie di faccia di circostanza. Per capirci, è la faccia da 27 gennaio, da Giorno della Memoria, o, più recentemente, è la faccia da post 7 ottobre. È il travestimento di chi si presenta in società simulando stupore, sorpresa, indignazione. Salvo poi, dopo una mezza giornata di lacrimucce e di comunicati commossi, ricominciare come prima: a sparare contro Netanyahu, a chiudere gli occhi davanti alle manifestazioni anti-Israele, a tapparsi le orecchie rispetto ai cori “From the River to the Sea”.
È l’ora di dire con chiarezza che tutti costoro o sono stupidi o sono complici. È anche ammesso il cumulo delle ipotesi. Non è possibile far finta di non capire che i fatti di Amsterdam sono la “naturale”, starei per dire “ovvia” prosecuzione e conseguenza di un anno di ininterrotta ondata antisionista e antisemita. Se è tranquillamente accettata l’idea che non si possano tenere conferenze pro-Israele senza ritrovarsi letteralmente sotto assedio; se è tranquillamente accettata l’idea che ragazzi e ragazze di religione ebraica debbano sentirsi accerchiati a scuola o all’università; se è naturalmente accettata l’idea che, nelle nostre città, le persone di religione ebraica non possano indossare simboli che possano renderli riconoscibili; ecco, se tutto questo è naturalmente accettato, diventa perfettamente consequenziale che le componenti islamiche radicalizzate si sentano in diritto di passare ai fatti. (...)

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