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Usa 2024, il sondaggio che quasi tutti hanno ignorato: Trump-Kamala, fallisce il gioco sporco

Tommaso Montesano
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Basta fare un salto indietro a domenica mattina. Le redazioni dei giornali sono in fibrillazione. Ad agitare analisti e commentatori che seguono gli ultimi giorni della corsa alla Casa Bianca è il sondaggio finale sulle intenzioni di voto in Iowa, il piccolo Stato rurale del Midwest noto soprattutto per essere il punto di partenza delle Primarie perla selezione di candidati. La ricerca è curata dalla serissima Ann Selzer, un’istituzione locale «molto rispettata sia dai repubblicani che dai democratici». A rendere appetibile la rivelazione non è tanto il peso in sé del territorio, che assegna appena sei “grandi elettori”, quanto il significato che gli esperti attribuiscono a questo sondaggio. «Può essere una spia di quanto accade negli Stati vicini della “rust belt”»- la cintura della ruggine che comprende i battelgrounds States Wisconsin, Michigan e Pennsylvania- è il passaparola sui social.

Così quando, nella notte tra sabato e domenica, il Des Moines Register, il principale quotidiano dell’Iowa, diffonde il risultato, l’eco è enorme. Perché Kamala Harris, incredibilmente e in controtendenza rispetto aun sondaggio di poco prima di Emerson College che dà Donald Trump in vantaggio di 10 punti, è avanti di tre punti sul tycoon.

 

 

 

La conclusione è immediata: «Sta succedendo qualcosa nel Midwest». Ci cascano tutti. «Harris, segnali di rimonta», titola il Corriere della sera del giorno dopo dando conto dei numeri della «guru Ann Selzer». Ecco la Repubblica: «L’Iowa e gli indecisi rilanciano la corsa di Harris. “Torna l’entusiasmo”».

Come è andata a finire è cosa nota: Trump ha vinto in Iowa con oltre il 55% dei voti, con Harris tredici punti indietro. L’ubriacatura da Des Moines Register è paradigmatica di come sono state vissute le ultime 72 ore della campagna elettorale: enfatizzando i movimenti a favore della vicepresidente uscente, ignorando quelli pro Trump. Ad esempio: la mappa elettorale di AtlasIntel, il pollster che ebbe le performance migliori sia alle Presidenziali del 2020, sia alle elezioni di midterm del 2022, passa sotto silenzio. Lo studio delinea una vittoria a valanga di “The Donald”: in tutti e sette gli swing states al comando c’è l’ex presidente, con margini che vanno da un minimo di un punto percentuale (in Wisconsin) a cinque punti e mezzo (in Nevada).

 

 

 

Inutile: per i “giornaloni” ha più appeal il duo New York Times/Siena poll college, secondo cui tra i battlegrounds il frontrunner repubblicano è avanti solo in Arizona. In Michigan e Pennsylvania gli sfidanti sono in parità, mentre in Wisconsin, Nevada, Georgia e North Carolina in testa c’è Harris. «Qualcosa sta cambiando», avverte Repubblica. «Harris rimonta negli Stati in bilico» (La Stampa). Sono sondaggi come questo, ma anche come quelli di Morning Consult e Marist College - che il 30 ottobre e il 1° novembre assegnano ad Harris rispettivamente un vantaggio di due e quattro punti su scala nazionale - a drogare i modelli previsionali che vanno perla maggiore.

 

 

 

Proprio poco prima dell’apertura dei seggi, il guru Nate Silver aggiusta le probabilità di vincere le elezioni riportando in testa Harris di un’incollatura. Lo stesso fa il portale FiveThirtyEight, fondato dallo stesso Silver, che consegna alla democratica il 56% di possibilità di entrare alla Casa Bianca. C’è anche il pronostico sullo scarto nel Collegio elettorale: 276 a 262 per Harris. Lo stesso che delinea il meccanismo dell’Economist. Nell’ultimo aggiornamento del proprio modello, proprio la mattina del 5 novembre, il settimanale sul suo sito web tira la volata alla vicepresidente con queste parole: «Le sue chances di vincere sono cresciute dal 50 al 56%».

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