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Teheran, impiccato un ebreo iraniano: perché il messaggio degli ayatollah è agghiacciante

Amedeo Ardenza
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Aveva 23 anni ed è stato impiccato ieri. L’iraniano Arvin Nathaniel Ghahremani aveva 18 anni quando ha commesso il fatto che gli era stato contestato e per il quale è stato messo a morte: l’omicidio di un altro iraniano, il 40enne Amir Shokri. Siamo a Kermanshah, 500 chilometri a ovest di Teheran. I due hanno una discussione in una palestra, Shokri accoltella Ghahremani, che si difende e accoltella Shokri a sua volta. Il 40enne ha la peggio, perde i sensi e il 23enne lo aiuta a raggiungere un ospedale, dove l’altro spira. Ghahremani è uno degli ebrei iraniani che ancora vivono nell’ex Persia.

Oggi la comunità ebraica conta circa 8 mila esponenti, contro gli oltre 80 mila del 1979 (ma nel 1948 erano 150 mila). Nell’anno in cui lo Stato imperiale dell’Iran cade e sorge la Repubblica islamica dell’Iran guidata da Ruhollah Khomeini la maggior parte degli ebrei, figli di una comunità antichissima, lascia il paese verso Israele e il Nordamerica. C’è però chi resta. L’antisemitismo è ufficialmente bandito e gli ebrei sono inseriti nella lista delle minoranze da tutelare con tanto di seggio in Parlamento. Sarà lo stesso Khomeini a decretare «il riconoscimento dei nostri ebrei come distinti da sionisti succhiasangue e senza Dio». Gli ebrei, questo è l’ordine, si tengano a distanza da Israele.

 

 

 

Un messaggio non dissimile da quelli di tanti antisemiti occidentali che agli ebrei chiedono sempre di dissociarsi dallo stato ebraico. Ecco perché l’impiccagione di Ghahremani fa notizia: il giovane è stato giustiziato in un momento di massima tensione fra Teheran e Gerusalemme con la seconda che ha colpito alleati chiave degli iraniani tanto in Iran quanto all’estero dopo che la prima ha scatenato contro Israele prima Hamas (7 ottobre 2023) e poi Hezbollah (dal giorno dopo). Lo scorso 13 aprile e lo scorso 1 ottobre l’Iran ha anche attaccato Israele in modo massiccio guadagnando due settimane fa una controreazione della Israel Air Force che ha bombardato l’ovest del paese. A fine ottobre le autorità israeliane hanno condotto una serie di arresti rivelando che almeno due diversi gruppi di spie lavorava per passare informazioni riservate all’Iran. In questo clima l’uccisione di Ghahremani non può essere una coincidenza. Il giovane ebreo è stato punito in modo esemplare «per aver ucciso un musulmano» e, riportano le agenzie, la famiglia Shokri avrebbe rifiutato di commutare la pena al giovane dietro il pagamento di una somma come previsto dal codice islamico iraniano dopo che le autorità hanno sottolineato che il condannato era ebreo.

 

 

 

La ong Iran Human Rights (Ihrngo) che lotta per il rispetto dei diritti umani nell’ex Persia ha condannato «l’esecuzione affrettata di questo prigioniero ebreo» da parte del regime degli ayatollah «istituzionalmente antisemita: è una forma di rappresaglia durante un periodo di crescenti tensioni con Israele». L’Ihrngo ha parlato anche di un processo-farsa con una difesa che non ha fatto il suo dovere. Nel 1999 i servizi iraniani arrestarono 13 ebrei accusandoli di spiare per Israele.

 

 

 

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