Pedro Sanchez, la figuraccia: scarica su Re Felipe il disprezzo della gente
È colpa del re, è colpa dei fascisti. Il premier spagnolo Pedro Sanchez proprio non riesce a mandare giù l’accoglienza riservatagli dai sopravvissuti di Valencia che l’hanno preso a male parole, lanci di oggetti e gli hanno distrutto la macchina. Forse si aspettava di essere accolto come il salvatore della patria o più probabilmente, nel suo smisurato ego, contava sulla sua visita alle zone devastate dalla Dana per misurare la sua popolarità, che lui presume a prova di disastro naturale e relativa strage. Calcoli che si sono rivelati profondamente sbagliati, capita, ma anziché incassare cercando di comprendere le ragioni di chi lo contestava o chiudendosi in un opportuno silenzio istituzionale, Sanchez ha considerevolmente peggiorato la sua situazione, fino a renderla una figuraccia parossistica, dandosela prima a gambe e poi addossando colpe a destra e a manca. La più paradossale è quella che il suo governo ha apertamente affibbiato alla coppia reale la quale, secondo il suo governo, si sarebbe imposta per effettuare una malaugurata visita che il presidente del Consiglio avrebbe evitato volentieri. «È stato uno sforzo del Re che non avrebbe dovuto verificarsi. Un errore gigantesco» hanno fatto sapere dalla Moncloa.
Felipe ovviamente s’è guardato bene dall’abbassarsi a rispondere, presosi anche lui insieme alla moglie la sua dose di fango e insulti, ha piuttosto dimostrato tutto quello che doveva rimanendo tra la folla, ascoltando lagen te, abbracciandola e, nel caso di donna Letizia, versando qualche lacrima. Ha fatto insomma quello che deve fare un capo di Stato con la testa sulle spalle e la corona in testa. «Dobbiamo comprendere la rabbia e la frustrazione di queste persone - ha precisato spiegandone i motivi, - dobbiamo dare loro speranza, partecipare alla loro emergenza, garantire loro che lo Stato in tutta la sua pienezza è presente».
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Notate la differenza? Mentre il sovrano ci ha messo la faccia, Sanchez l’ha persa, perdendo poi anche la misura. La rabbia e la frustrazione di gente che ha perso tutto nel fango sono diventate nel successivo post sull’account di X del presidente del Consiglio spagnolo «la violenza esercitata da pochi» che «non ci farà perdere l’interesse collettivo». Il tentativo di comprendere del sovrano si è dunque trasformato alla Moncloa in un tentativo di ricerca di colpe e tintinnio di manette, e ovviamente nell’arco di qualche oretta è diventata una caccia alle streghe. «Sembra che ci siano già persone identificate appartenenti ad organizzazioni di estrema destra che regolarmente provocano disordini pubblici e uso della violenza» ha fatto sapere in un’opportuna intervista il ministro dei Trasporti Oscar Puente. «Immagino ha aggiunto - che su questo ci sia attualmente un’indagine del ministero degli Interni». Insomma, Sanchez ha cercato di venirne fuori sostenendo che l’idea di andare a visitare le zone colpite dall’alluvione non è stata sua ma del re, il quale ha fatto un errore strategico «gigantesco», e che i responsabili delle contestazioni che ha subìto sono i soliti elementi di estrema destra sui quali si sta indagando, e che andranno opportunamente puniti. Nella piccineria del premier spagnolo la più grande tragedia naturale che abbia subito il Paese da secoli si è trasformata in una bega istituzionale antimonarchica e nella solita esibizione di antifascismo. La verità è che con questa figuraccia Sanchez ha gettato definitivamente la maschera, dimostrando di non essere quell’infallibile statista che si è sempre creduto.
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