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Iran, ecco che fine fa chi mostra i video della tempesta di fuoco dell'Idf sull'Iran: in galera

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Amedeo Ardenza
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A leggere la stampa, che in Iran è necessariamente di regime, all’alba di sabato non è successo nulla di grave. «Il Grand Bazaar di Teheran pullulava di attività sabato», ha scritto l’agenzia Fars postando foto del mercato, di piazze affollate e venditori ambulanti. E, ancora, l’agenzia il cui motto è “La verità emergerà” ha scritto anche che «le raffinerie di petrolio di Teheran e di Abadan (nel sudovest del paese, ndr) stanno operando normalmente dopo che l'unità di difesa aerea del paese ha intercettato con successo gli attacchi israeliani in tre province nelle prime ore di sabato».

Rapporti che contrastano con quelli delle Israel Defense Forces secondo cui, mantenendo la promessa fatta dal governo di Israele a quello degli Stati Uniti, l’aviazione israeliana ha preso di mira esclusivamente obiettivi militari scartando quelli petroliferi tanto meno nucleari nella sua azione di risposta scatenata all’alba di sabato contro la Repubblica islamica – un impegno preso con la Casa Bianca determinata a evitare una crisi di grande proporzioni in Medio Oriente a pochi giorni dalle presidenziali. A completare il quadro è intervenuta l’agenzia Tasnim, legata ai Guardiani della Rivoluzione (ossia il braccio economico e militare della Guida suprema), spiegando che «una “fonte informata” ha spiegato sabato che l'affermazione dell'esercito israeliano di aver preso di mira 20 località in tutto l’Iran non è vera, ma che il numero delle posizioni prese di mira dal nemico è significativamente inferiore».

 


Tutto è dunque sereno sotto al cielo di Teheran. Anche se proprio ieri dieci membri della polizia sono rimasti uccisi in un attacco avvenuto nel sudest dell’Iran, nella provincia di Sistan e Baluchistan, dove un convoglio di 2 pattuglie è stato attaccato da miliziani di HalVash, un gruppo di difesa del popolo Baluch dell’Afghanistan, dell’Iran e del Pakistan. Ma il nemico principale è Israele: in unna nota ufficiale «il Ministero degli Affari Esteri della Repubblica Islamica dell'Iran» ha definito «l'azione aggressiva del regime sionista contro diversi centri militari in Iran» – e la raffineria di Abadan che fine ha fatto? – «come una chiara violazione del diritto internazionale e della Carta delle Nazioni Unite, in particolare il principio di vietare la minaccia o l'uso della forza contro l'integrità territoriale e la sovranità nazionale dei paesi». Attività di cui gli ayatollah sono esperti visto che da decenni fomentano la distruzione di Israele (bye bye integrità territoriale), trasfomando una serie di attori regionali in propri burattini (con tanti saluti alla sovranità nazionale in Libano, Iraq, Siria e Yemen). Due esempio pratici: solo ieri Hezbollah, una partito-milizia che in Libano è considerato un inarrestabile stato nello stato, ha esploso non meno di 80 missili contro il nord di Israele mentre i satelliti spia israeliani continuano a denunciare il trasferimento di grandi quantitativi di armamenti dall’Iran alla Siria vassalla di Teheran tramite camion che attraversano il territorio dell’Iraq, un altro paese a sovranità limitata. La sovranità di Damasco e Baghdad è in sostanza funzionale ai piani di Teheran, asservita cioè alla principale ossessione del regime del clero sciita persiano: distruggere l’entità sionista.

«La Repubblica islamica dell'Iran ha sottolineato l'utilizzo di tutte le capacità materiali e spirituali della nazione iraniana per difendere la sua sicurezza e i suoi interessi vitali», si legge ancora nella nota. Fra queste azioni c’è anche il pugno duro delle autorità nei confronti dei cittadini che hanno condiviso con i media occidentali dei video degli ultimi attacchi israeliani: i “traditori” rischiano fino a dieci annidi carcere. Lo riferisce il quotidiano Telegraph, attribuendo il provvedimento repressivo alla polizia dell’Iran. L’invio di filmati ai media occidentali «affiliati al regime sionista» sarà punito con lunghe pene detentive secondo le ultime disposizioni diramate dal governo del presidente “moderato” dell’Iran, Masoud Pezeshkian.

 

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