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Spazio, gli Usa restano in orbita grazie a Musk

Francesco Specchia
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La concomitanza non può essere soltanto una congiunzione astrale. Mentre a Milano si svolgeva lo ISC, l’International Astronautical Congress (il più grande consesso spaziale del mondo che raduna 2.300 organizzazioni provenienti da 106 Paesi), Elon Musk si arrampicava sulla vetta del sogno cosmico. E con la scena, trasmessa in mondovisione, del ritorno del suo razzo Starship acchiappato al volo da due braccioni meccanici da Mazinga Z - Mechazilla, per gl’intimiinaugurava l’epoca del riutilizzo delle navi spaziali. E dei viaggi cosmici a basso costo.

Forte delle sue passioni fantascientifiche -dalle Cronache marziane di Bradbury alle missioni di Star Trek- cresciute a dismisura dall’abbaino infantile della sua casa di Pretoria, Musk ha reso SpaceX l’azienda essenziale nella corsa agli astri e nel turismo spaziale. Non che SpaceX sia una novità fragorosa. Il suo successo è progressivo, s’è consolidato nel tempo. Sembra ieri ma sono passati vent’anni dalla copertina di un noto magazine che già parlava delle nuova società di esplorazione spaziale di Musk sovrastata da una domanda: «Questo piccolo Davide potrà battere il Golia Boeing?». Poi s’è visto. Davide è diventato il capitano Kirk è arrivato «là dove nessun uomo è mai giunto prima«. Space X oggi vale 200 miliardi di dollari.

RAZZA PLANETARIA
«Ed è l’unica azienda privata che porta gli astronauti nello spazio. Ci sono anche i cinesi che trasportano solo astronauti e solo con i loro mezzi di cui si sa pochissimo», ci spiega Alessandro Aresu consigliere scientifico della rivista Limes, esperto di economia dello spazio, in uscita col suo nuovo saggio Geopolitica dell’intelligenza artificiale (Feltrinelli). «Il segreto di Musk è voler considerare l’idea che l’umanità diventi una razza multiplanetaria (Star Trek, appunto, ndr). Ma, siccome andare nello spazio costa, bisogna riutilizzare i razzi più volte, rivitalizzarli nelle loro varie componenti, riciclare i materiali come si fa con gli aerei. Così calano i costi, e il viaggio nello spazio diventa come quello in aereo. Il modello Musk –che è adottato da Cia, Pentagono, e tutte le istituzioni è quello che contribuisce alla primazia dell’industria spaziale americana; senza di essa gli States verrebbero superati dalla Cina», continua Aresu. E ha ragione. Nello spazio, oggidì, sei competitivo solo se primeggi in due circostanze: se puoi riutilizzare o riciclare i mezzi; e se nello spazio ci porti gente, il primato del “volo umano”.

SpaceX nel 2023 ha condotto 98 lanci, la Cina 67 e ai 19 della Russia. «Nello spazio si lanciano i satelliti, per lo più. Starlink di Musk è fatto di una costellazione di satelliti. Space X è diventata un’impresa privata che supera gli stessi Stati, e che grazie al suo carattere di “azienda integrata” (l’intera filiera produttiva di Musk è fatta in casa: i razzi, la propulsione, l’elettronica) e a una super manager come Gwynne Shotwell, riesce a efficientare ogni processo, diventando inarrestabile», continua Aresu.

Quel che ci si domanda è come sia possibile che un uomo imponga, da solo, il ritmo della rivoluzione tecnologica; mentre, per esempio, interi ecosistemi spaziali come quello europeo dell’Esa non riescono a stare al passo. Aresu risponde con certezze: «La differenza con la Ue è evidentissima. L’Europa non riesce ad adeguare il passo a quello di Space X per vari motivi: l’Esa, la Commissione Ue, i vari Stati europei non investono: mettono sul piatto solo 1/5 di quello che investono gli Usa. Poi c’è l’impiego delle tecnologie spaziali in chiave militare, e l’Europa non possiede tecnologia di scala militare. Poi c’è che l’Europa, rispetto a Space X, ha una struttura di capitale limitata, perché qui non s’innesca un circolo virtuoso di finanziamenti, per esempio, di imprenditori privati che non vedono nello spazio alcuna utilità. Infine c’è la iattura della burocrazia: nel pubblico e nel vecchio Continente non è –diciamo- un punto di forza». Anzi, la burocrazia inquina ogni carburante, e quella europea è l’eccellenza delle burocrazie.

 

 

 

IL SATELLITE VEGA C
Poi certo, pur non paragonabili a Musk, gli europei fanno anche cose buone, come il lancio –il 3 dicembre prossimodel satellite Vega C deputato all’«osservazione della Terra», settore in cui l’Italia primeggia grazie anche ai suoi abbondanti investimenti nell’economia dello spazio (3,1 miliardi l’anno, più che doppiando i francesi). «In Italia dove siamo ottimi “lanciatori” nello spazio, giochiamo un’ottima serie B rispetto Musk, ma non è serie A», conferma Aresu. Poi, certo nel silenzio delle stelle si muove, quasi invisibile, la Cina, sempre più in marcia nello spazio militarizzato.

Aresu chiosa: «Il caso della Cina è misterioso. Lo spazio è il settore della guerra fredda tra Cina e America che dura da più di trent’anni, C’è proprio una separazione delle sfere d’influenza: da un lato il circuito “aperto” Usa, all’altro quello cinese di cui non si sa nulla. Anche se sappiamo quanti lanci di razzi fa Pechino; e che la loro tecnologia dual assicura loro una potenza militare». Ma quella della “lunga marcia maoista” verso lo spazio è un’altra storia...

 

 

 

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