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Israele manda in Libano la quarta divisione. Tensioni con i caschi blu, l'allerta nella basi italiane

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Amedeo Ardenza
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I movimenti dei mezzi israeliani nel sud del Libano continuano a segnare la nuova campagna delle Israel Defense Forces (Idf). Giorni fa Israele era entrato nel sud del Paese dei Cedri con una carovana di betoniere cariche di calcestruzzo. La miscela è stata utilizzata per sigillare alcuni dei tunnel scavati da Hezbollah nei pressi del confine israelo-libanese. Ieri, invece, oltre a schierare una quarta divisione in Libano, la 146ª della riserva, Gerusalemme ha mandato dei blindati tradizionali: 40 di questi sono stati individuati nei pressi di Maroun el Ras, sul confine sudorientale libanese, vicini a una base Unifil, la forza di interposizione dell’Onu presente nella regione dal 1982 e il cui mandato è stato rinnovato a più riprese. Alla missione partecipa un nutrito contingente di militari italiani.


È stata la qatariota Al Jazeera a spiegare di aver visionato immagini satellitari che mostrerebbero i mezzi militari delle Idf attorno alla base dei caschi blu dove è stata anche issata una bandiera d’Israele. «La situazione è molto preoccupante», ha spiegato all’emittente Andrea Tenenti, portavoce del contingente. Una preoccupazione che nasce dalla vicinanza dei militari israeliani impegnati in battaglia con i miliziani sciiti di Hezbollah «e noi ci troviamo nel mezzo». Unifil starebbe monitorando gli sviluppi mentre, sempre secondo Tenenti, l’azione delle Idf evidenzia «la violazione della sovranità» del Libano. Ieri intanto il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha scritto su X di un suo colloquio con l’omologo di Gerusalemme Israel Katz al quale ha ribadito «la richiesta italiana di assicurare massima tutela al contingente Unifil. Mi ha nuovamente rassicurato al riguardo. Prosegue l’impegno diplomatico per la pace in Medio Oriente». A Labbouneh, molto più a ovest, nei pressi della costa mediterranea, Hezbollah avrebbe invece «costretto le forze israeliane a ritirarsi vicino a un postazione di peace keeping dell’Onu», scrive ancora Al Jazeera citando fonti del gruppo armato libanese.

 

 


Hezbollah ha sparato a «una forza nemica israeliana che si è infiltrata da dietro la posizione delle forze internazionali a Labboune». Spari che confermano la presenza di Hezbollah a sud del fiume Litani, in violazione della risoluzione 1701 del 2006 dell’Onu che ha imposto alla milizia di allontanarsi dalla Linea Blu. Mentre denuncia la violazione della sovranità libanese da parte dello stato ebraico, il contingente sorvola sul mandato originale della risoluzione che «autorizza Unifil a prendere tutte le azioni necessarie nelle aree in cui tutte le forze sono presenti e nelle loro capacità ad assicurare che questa area non sia utilizzata per operazioni ostili di nessun tipo». Poiché né Unifil né le Forze armate libanesi (Laf) hanno mai applicato questa parte della risoluzione, le Idf oggi cercano di bonificare un’area usata da anni per bombardare il nord di Israele: messe in fuga dai missili di Hezbollah, da qua un anno fa sono scappate 70 mila persone, oggi sfollate. Ieri Hezbollah ha scatenato la sua potenza di fuoco contro Haifa nel più massiccio attacco sulla terza città d’Israele: attorno a mezzogiorno oltre 100 missili sono caduti nel giro di pochi minuti. La maggior parte dei razzi è stata intercettata dal sistema Iron Dome ma alcuni hanno colpito i sobborghi Kiryat Yam e Kiryat Motzkin e una donna di 70 anni è rimasta ferita. Così, mentre la Israel Air Force bombardava una volta ancora il sud di Beirut come pure una serie di villaggi non lontani da Israele, il vicesegretario di Hezbollah Naim Qassem assicurava che la capacità di fuoco della milizia sarebbe intatta. «Stiamo lanciando centinaia di razzi: un gran numero di insediamenti e città sono sotto il fuoco della resistenza», ha affermato Qassem in un videomessaggio.

«Le nostre capacità vanno bene e i nostri combattenti sono schierati lungo le prime linee», ha proseguito, accennando però anche a un «processo politico» avviato a Beirut per mettere fine alle ostilità. «Hezbollah è un'organizzazione senza un leader, Nasrallah è stato eliminato, probabilmente anche il suo sostituto (Hashem Safieddine, ndr) è stato eliminato», ha replicato il ministro israeliano della Difesa Yoav Gallant, assicurando che Hezbollah è un’organizzazione decapitata «dove non c’è nessuno che possa prendere una decisione». E ieri sera il premier d’Israele Benjamin Netanyahu ha rinnovato l’appello a libanesi «a liberarsi da Hezbollah per mettere fine alla guerra». Più a sud, nelle stesse ore, anche Hamas dava segni di vita esplodendo due missili contro Sderot, la città più vicina alla Striscia di Gaza. Fonti delle Idf hanno tuttavia smentito la notizia circolata ore prima secondo cui il capo di Hamas, Yahya Sinwar, mente del pogrom del 7 ottobre 2023, sarebbe vivo e operativo. Se è vivo, «non ha preso alcun contatto con i paesi» impegnati a mediare una tregua fra lo stato ebraico e l’organizzazione del terrore.

 

 

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