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Donald Trump allunga su Kamala Harris: gli ultimi sondaggi aprono scenari clamorosi

Tommaso Montesano
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La sintesi più efficace su a che punto sia la corsa alla Casa Bianca a poco più di 40 giorni dal voto l’ha fatta il New York Times: «Kamala Harris ha colpito gli elettori nel dibattito con Donald Trump, ma finora non è riuscita a conquistare un vantaggio decisivo nella campagna presidenziale. La gara a livello nazionale è bloccata». Conclusione: così come accaduto dopo la convention democratica di Chicago, la candidata democratica non ha goduto di un rimbalzo significativo a livello di consensi neanche dopo la sua celebrata “vittoria” nel confronto televisivo di Philadelphia del 10 settembre (quello secondo Trump del «tre contro uno», moderato dai giornalisti di Abc).

Secondo il quotidiano, infatti, Harris e Trump godono entrambi del 47% delle preferenze a livello nazionale. Nel sondaggio diffuso la prima settimana di settembre, invece, il candidato repubblicano era in vantaggio di un punto (48% a 47%). In questo senso la performance di Harris post dibattito è ritenuta modesta.

 

 

Non la pensa così Nate Silver, una celebrità nel mondo dei sondaggi Usa, per il quale adesso è la candidata dell’Asinello la favorita per il 5 novembre, avendo il 53,7% di possibilità di vincere contro il 46% del rivale repubblicano. I dati diffusi sono quelli del celebre Silver bulletin, un modello predittivo che mette insieme media delle rilevazioni, precedenti storici e fattori economici. L’elezione, come è noto, si decide nel collegio elettorale, dove la spunterà il candidato in grado di conquistare almeno 270 dei 538 “grandi elettori” espressione dei singoli Stati.

E qui il quadro, pur in una cornice di incertezza, è favorevole a Trump. Secondo Fox news, prendendo in esame la media dei sondaggi ristretti ai sette Stati considerati ancora in bilico – Arizona, Georgia, Michigan, Nevada, North Carolina, Pennsylvania e Wisconsin – è il tycoon ad essere in vantaggio (di due punti: 50% a 48%). Rapporti di forza in controtendenza rispetto al dato nazionale, che anche per Fox al momento premia Harris (50% a 48%). Per Real Clear Politics, invece, Trump nei battleground states precede Harris di appena un decimale (47,8% a 47,7%).

Buone notizie per l’ex presidente arrivano anche dall’analisi di New York Times/Siena college poll relativa agli Stati della “sun belt”. Nel Sud, tra gli elettori che probabilmente si recheranno ai seggi (quindi una platea più ampia dei registrati), Trump avrebbe preso la testa in Arizona (50% a 45%), Georgia (49% a 45%) e North Carolina (49% a 47%). Particolare significativo: i primi due Stati nel 2020 furono appannaggio di Biden e a Ferragosto Harris era avanti sia in Arizona, sia in North Carolina. Per Cbs, al contrario, sarebbe la vicepresidente a guidare la corsa sia a livello nazionale (52% a 48%), sia negli Stati decisivi (51% a 49%).

Numeri da maneggiare con cautela per tre ragioni. La prima: le rilevazioni a livello tatale coinolgono un campione di interpellati molto piccolo. La seconda: in tutti gli Stati presi in esame il distacco rientra sempre nel margine di errore. Basti pensare che per “attribuire” uno Stato all’uno o all’altro candidato, lo scarto dovrebbe essere di circa sette o otto punti. La terza: la tradizionale tendenza a sottovalutare Trump nei sondaggi. Un dato su tutti: a questo punto della corsa, nel 2016, Clinton era accreditata di tre punti di vantaggio a livello nazionale, più di Kamala ora, ma perse nel collegio elettorale; nel 2020, invece, di punti di margine Joe Biden ne aveva 7,1, uno scarto poi ridotto di oltre 2,5 punti nelle urne.

E occhio alle sorprese, che nella scorsa settimana non sono mancate. Harris, ad esempio, deve preoccuparsi del rifiuto dei Teamsters, il più grande sindacato degli autotrasportatori Usa, di appoggiare – per la prima volta dal 1996 – il candidato democratico. Una decisione che potrebbe favorire Trump negli Stati dove il sodalizio è più forte: Michigan, Pennsylvania e Nevada. La campagna di “The Donald”, poi, ha enfatizzato un sondaggio realizzato dall’Università di Mary Washington secondo cui in Virginia, uno Stato finora considerato blindato dall’Asinello e dove il voto in anticipo è già iniziato con grande mobilitazione repubblicana, il vantaggio di Harris sarebbe di appena due punti, entro il margine di errore. E per Research America i due sfidanti sarebbero addirittura alla pari.

Uno Stato, la Virginia, dove nel 2020 Biden vinse con circa 10 punti di vantaggio, quindi un’altra pessima notizia per Kamala. E forse si spiega alla luce di questi numeri la decisione di Trump, apparentemente inspiegabile, di tenere un evento elettorale nel vicino Stato di New York all’inizio della scorsa settimana. Un segnale di come il tycoon consideri contendibili Stati fuori dall’elenco dei battleground. Harris, inoltre, sta pagando una performance inferiore alle attese tra gli ispanici sia rispetto a Clinton, sia rispetto a Biden: è vero che Kamala avrebbe la meglio su Trump conquistando il 58% dei consensi contro il 41%, ma in questo segmento nel 2016 Hillary vantava il 67% delle preferenze e nel 2020 l’attuale presidente il 65%.

Anche i repubblicani, però, hanno le loro gatte da pelare: in North Carolina, uno Stato che l’Elefante deve assolutamente confermare sulla mappa elettorale (non a caso Trump c’è stato sabato scorso), certo non aiuta il Gop la bufera mediatica che ha investito il candidato governatore Mark Robinson, sotto accusa per le frasi razziste e l’assidua frequentazione, sotto pseudonimo, di siti hard.

 

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