La Germania chiude le frontiere: caos in Europa, Polonia infuriata
L’attentato di Solingen del 23 agosto ha destato la Germania che, solo dopo i tre morti ammazzati a coltellate da un terrorista islamico siriano con foglio di via, ha scoperto di avere un problema con la gestione dei flussi migratori e con la concessione di permessi. Lunedì, il governo tedesco, che aveva già promesso una stretta mentre il Paese elaborava il lutto, è passato alle vie di fatto, annunciando di voler chiudere le frontiere, sospendendo in toto il trattato di Schengen, per fermare l’immigrazione irregolare e tutelarsi contro il jihadismo. Siccome però Berlino confina con ben 9 Paesi, questi non l’hanno presa affatto bene, a partire dalla Polonia, temendo di ritrovarsi in casa una mole di rifugiati che cercano di raggiungere i Lander tedeschi per poi finire bloccati alle frontiere.
È «un tipo di azione inaccettabile dal punto di vista polacco - ha detto il primo ministro di Varsavia Donald Tusk -. Non ho dubbi che sia la situazione politica interna tedesca a causare questi passi, e non la nostra politica nei confronti dell'immigrazione clandestina ai nostri confini», ci ha tenuto a sottolineare il premier polacco, la cui politica in materia è, già dai tempi del governo conservatore guidato dal PiS, particolarmente stringente -. Nelle prossime ore chiederemo ad altri Paesi interessati da queste decisioni di Berlino di consultarsi urgentemente su come agire all’interno dell’Unione Europea su questo tema», ha concluso Tusk. Nella giornata di lunedì, già l’Austria aveva reagito alla stretta tedesca, mostrando tutto il suo disappunto.
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Il ministro degli Interni, Gerhard Karner, aveva avvisato: «Non accetteremo le persone respinte dalla Germania. Non c’è spazio di manovra». Intanto la Commissione europea, seppur irritata dall’iniziativa di Berlino, cerca di fare moral suasion sull’esecutivo di Olaf Scholz provando ad evitare lo scontro aperto. Bruxelles ha confermato di aver ricevuto la notifica da parte tedesca sull’inasprimento dei controlli alle frontiere che partirà dal 16 settembre (durerà sei mesi). «In base a Schengen, i Paesi membri possono reintrodurre i controlli alle frontiere interne», fanno sapere da Bruxelles che possono scattare quando vi siano «gravi minacce perla sicurezza interna», dice una portavoce dell’esecutivo Ue. Tuttavia la Commissione sottolinea che le misure devono essere «necessarie e proporzionate, e dovrebbero restare eccezionali». La Commissione, comunque, può intervenire ma non può porre il veto, anche se la questione dei controlli ai confini non è la prima volta che balza furiosamente sulle scrivanie dei leader europei trainata dalla cronaca. Bruxelles fa sapere di essere «in contatto con le autorità tedesche» e teme un effetto contagio, col leader della destra olandese, Geert Wilders, già in prima fila per emulare Berlino: «Se la Germania può farlo, perché noi non dovremmo?»
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