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I giovani palestinesi sfilano per celebrare le strage degli ebrei

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«L’esilio della parola». Espressione cruda e intelligente quella che fu coniata da Elie Wiesel, intellettuale di religione ebraica che conobbe le atrocità dei campi di sterminio. Si riferiva alla distorsione dei significati che puntualmente applicava la propaganda nazista.

L’esempio più orribile? Quella scritta sopra l’ingresso di Auschwitz, Arbeit macht frei, “il lavoro rende liberi”, quando invece lì dentro c’era solo totale negazione della libertà e distruzione di vita e dignità. Quella stessa logica riemerge ottant’anni dopo a leggere il post con cui l’associazione “Giovani Palestinesi Italia” annuncia una manifestazione per il 5 ottobre prossimo, a Roma. «Il 7 ottobre 2023 è la data di una rivoluzione», è l’incipit.

Così, «rivoluzione», per descrivere quel deliberato atto di aggressione a cittadini indifesi, che sono stati uccisi, rapiti, brutalizzati. Donne, bambini, anziani. Addirittura utilizzando i “codici” della comunicazione degli occidentali per scuotere e ferire le opinioni pubbliche. Come il miliziano che uccise una donna anziana nel kibbutz di Nir Or. L’assassino, dopo averle tolto la vita, si impossessò dello smartphone della vittima, scattò delle foto e postò tutto su Facebook. E che dire delle immagini dei ragazzi rapiti nel deserto del Negev? 

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