Israele contro Hezbollah, "Iron dome a rischio collasso"
L'attacco preventivo a Hezbollah in Libano per Israele non è stata una scelta, ma una necessità: doveva evitare il collasso del sistema difensivo Iron Dome, considerato fin qui un baluardo inespugnabile e l'unica, vera garanzia militare per lo Stato ebraico circondato dai nemici islamici su ogni lato del proprio territorio.
Ne è convinto Uzi Rubin, 87 anni, che di quel sofisticato e avveneristico sistema difensivo missilistico è l'ideatore. "Un attacco condotto da Hezbollah con tremila razzi contemporaneamente sarebbe pazzesco", spiega a Repubblica, e "anche se non si riuscisse a distruggere tutte le batterie, si può ridurre l'impatto e far sì che ne lancino di meno".
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L'operazione partita ieri mattina con un centinaio di caccia in azione sul Libano meridionale, rende concreta la sua strategia: senza una spada, non c'è scudo in grado di bloccare il volume di fuoco di Hezbollah. Mentre Hamas il 7 ottobre ha colto di sorpresa l'intelligence dello Stato ebraico, da almeno sei anni l'allerta sul Fronte Nord è massima. Una rete di satelliti, droni, aerei, sensori, informatori sul terreno sorveglia ogni passo delle brigate sciite. Gli uomini di Nasrallah lo sanno e hanno imparato a nascondere le rampe dei razzi: sono invisibili fino al momento di entrare in azione. Hezbollah non ha rinunciato alla rappresaglia, scagliando circa trecento razzi contro lo schermo di Iron Dome mentre venti-trenta droni l'aggiravano sorvolando il mare per puntare sulle città della costa.
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Il quotidiano evidenzia però che dietro i comunicati e la cortina della censura militare, però, ci sono aspetti incongrui e quindi anomali. Anzitutto, le vittime: soltanto due miliziani sciiti sono stati dichiarati 'martiri sulla strada di Gerusalemme' ossia caduti in combattimento. Possibile che la pioggia di bombe abbia spazzato via le armi, risparmiando gli uomini? C'è chi sostiene che Hezbollah comandi via cavo il lancio dei razzi, evitando di mettere a repentaglio il personale: il loro arsenale è sterminato, valutato in almeno 150mila munizioni, mentre gli specialisti addestrati a gestirlo sono molti meno. Rispetto all'azione di dozzine di jet il bilancio dei morti appare però veramente riduttivo. Così come è insolita la decisione di Nasrallah di non mettere in campo altri reparti per rispondere al blitz israeliano: proprio l'abbondanza di equipaggiamenti gli avrebbe permesso di organizzare in poche ore una seconda raffica. Invece non è stato fatto niente.
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Il sospetto è quello che un anonimo dirigente di Hezbollah ha riferito alla Reuters, dando corpo all'ipotesi di un accordo per impedire che una guerra su larga scala travolgesse il Libano. La ritorsione per l'assassinio di Fuad Shukr, uno dei fondatori del movimento ucciso a Beirut Sud il 30 luglio, sarebbe stata ritardata per ragioni politiche e per non intralciare i negoziati sul cessate il fuoco a Gaza. Anche sull'attacco di ieri mattina ci sarebbe stato uno scambio di comunicazioni riservate, che avrebbero di fatto permesso di imbastire una colossale messinscena, tale da offrire a entrambi i contendenti l'occasione per magnificare la loro efficienza, riducendo i danni e soprattutto soffocando il pericolo escalation. Per gli alleati libanesi dell'Iran, un paio di migliaia di razzi sono un'inezia: l'un per cento delle loro scorte.