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Pensione all'estero? "Siamo andati in Guatemala, pessima idea: perché siamo tornati"

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Roberto Tortora
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Mollo tutto e apro un chiringuito… è il classico mantra di chi sogna di cambiare la propria vita e volarsene verso paradisi esotici. Oppure, di quei pensionati che hanno più tempo per sé e vogliono provare un’esperienza di vita nuova. Fino ad ora, le mete più gettonate per questi ultimi sono sempre state Portogallo e Canarie. Soprattutto l’appendice lusitana della penisola iberica aveva un regime di tassazione agevolato per i residenti stranieri. Quest’anno, però, il governo ha eliminato questo vantaggio fiscale, la pacchia è finita. Dove andare allora? Facile, il Sudamerica! Robert Zimmerman, 72 anni, e sua moglie si sono così trasferiti in Guatemala, paese meno costoso degli Usa, ma pieno di insidie. 

Il signor Zimmerman racconta le sue difficoltà a Business Insider: “Non avevo accumulato abbastanza risparmi, ero stato licenziato in seguito a tagli di bilancio, di fronte a un futuro incerto. Gli assegni di disoccupazione non erano sufficienti a mantenere il nostro tenore di vita e con il passare degli anni mi sono reso conto di non aver messo da parte abbastanza denaro per la pensione”. La coppia, quindi, si è trasferita prima a Phoenix, in Arizona, e poi a Houston, in Texas, dove era riuscito a trovare un altro impiego d'ufficio. “A quel punto ero stanco della monotonia del lavoro e pensavo che trasferirsi in Guatemala, con il suo costo della vita più basso, pensavo sarebbe stata la soluzione migliore”. I due si sono stabiliti a San Marcos La Laguna, pittoresco villaggio sulle sponde occidentali del Lago Atitlán. Dietro la bellezza del posto, però, anche tante difficoltà: il primo alloggio non era stabile: “Non ci sentivamo sicuri in quella casa. Se ci fosse stato un terremoto, non saremmo sopravvissuti e la vicinanza alla strada portava con sé rumori costanti e l'odore di gas di scarico, rendendo difficile rilassarsi”. Stesso risultato anche a Panajachel, secondo posto in cui si sono trasferiti.

 

 

La barriera linguistica, poi, era un problema. Zimmerman racconta: “Le giornate erano scandite dai rumori dei fuochi d'artificio, che scoppiavano a qualsiasi ora, spesso disturbando il loro sonno. Erano come piccole bombe e ogni tentativo di lamentarsi veniva accolto con ostilità. La religiosità profonda del luogo, con le sue tradizioni radicate e i sermoni diffusi tramite altoparlanti per le strade, ci faceva sentire estranei in un mondo che non riuscivano a comprendere appieno”. Le condizioni igieniche, poi, erano critiche: l’acqua del rubinetto non era potabile, proveniva da un fosso che spesso emanava un odore sgradevole. Più volte hanno fatto esperienza di intossicazione alimentare e, anche se l'assistenza sanitaria era economica, non potevano fare affidamento su cure moderne. Alla fine, la pandemia di COVID-19 e le conseguenti restrizioni portarono alla decisione di tornare negli Stati Uniti. Il loro sogno di una vita semplice e senza preoccupazioni si era infranto contro la dura realtà della vita in un Paese straniero: “Sapevamo che tornare sarebbe stato più costoso, ma non avevamo altra scelta”. Dopo aver attraversato il Messico con una vecchia Jeep, la coppia si stabilì a Rockford, in Illinois, dove la vita è più economica rispetto alle grandi città. “La maggior parte delle persone con cui lavoravo a Seattle ora ha lavori ben pagati nel settore tecnologico. Io, invece, in questa piccola città dell'Illinois, non riesco a trovare nessun lavoro simile a quello che svolgevo prima”. Insomma, breve storia triste dei coniugi Zimmerman.

 

 

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