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Luttwak su Kamala Harris: "Perché è un colpo di stato, chi l'ha firmato"

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Entusiasmo. È questo il sentimento che oggi in molti provano pensando a Kamala Harris, ma bisogna fare un passo indietro per capire come oggi la Harris sia diventata la donna carismatica e amata che tutti conoscono.  Con quel sorriso ereditato da sua madre, ha convinto tante persone a darle sostegno nella sua corsa alla Casa Bianca. Entrerà nella storia la chiamata con i coniugi Obama. Ma  è sempre sttao così? Per il politologo Edward Luttwak per Joe Biden la collega senatrice "era la celta più ovvia" e questo perché "aveva poco potere". Come ricorda l’economista, Joe Biden, nel corso di questi anni ha lasciato la Harris nell'ombra finché alla donna viene dato l'arduo compito di fermare l'ondata di immigrati al confine con il Messico.

La prima vicepresidente afroamericana decise così di andare nel giugno del 2021 in Guatemala per urlare a gran voce agli immigrati di non venire. Ma non cambiò nulla e la stampa americana iniziò a sottolineare le lacune e le difficoltà della Harris. Joe Biden non ascoltò quelle voci e nel corso del tempo - per il politologo -  la Harris continuò ad acquisire sempre più importanza alla Casa Bianca tanto da diventare così "la migliore ragione possibile per mantenere Biden alla presidenza".

 

 

 

D'altronde, di Biden si diceva che fosse in forma, lucido e pronto a governare per un altro mandato, ma ecco che poco dopo tutti sembrano rimangiarsi tutto e Biden alla fine è stato costretto alla ritirata. Per Luttwak "non è un mistero chi abbia invertito la rotta: Barack Hussein Obama II, l’unico presidente americano degli ultimi tempi che dopo aver lasciato la Casa Bianca ha continuato a vivere a Washington DC, di certo non per pescare sul fiume Potomac..."

Il regista Obama avrebbe messo in scena il suo piano "dopo aver visto Biden vacillare e poi cadere nel dibattito con Trump, ha avviato il processo che avrebbe rapidamente portato all’abbandono della campagna di rielezione di Biden, anche se non aveva una soluzione per il problema di Kamala Harris", scrive il politologo su Il Giornale per cui poiché Kamala Harris "non ha vinto nemmeno un’elezione primaria" e "il suo mandato di vicepresidente è trascorso nel silenzio fino alla débâcle migratoria, è possibile che quando i delegati democratici si riuniranno a Chicago l’evento non si svolgerà come un congresso del Partito comunista cinese e uno, due o più delegati chiederanno una scelta". E poiché tra i governatori democratici "ci sono candidati pronti e in attesa, otto dei quali donne, non è necessario che la convention si trasformi in caos, ma piuttosto in un’elezione democratica invece che in un colpo di Stato".

 

 

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