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Kamala Harris, il "kamunismo" non piace neppure ai suoi

Carlo Nicolato
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Sembra che ai grandi autorevoli giornali americani non vada mai bene nulla, ma forse sono definiti “autorevoli” proprio perché hanno abbastanza obiettività per riconoscere la realtà delle cose, anche quando questa va contro alla propria linea. Il New York Times, che certamente non si può definire filorepubblicano, ha condotto una campagna sostenendo che Biden era inadeguato e andava sostituito; il Washington Post, che sul punto non è stato da meno, venerdì ha criticato duramente le misure economiche annunciate da Kamala Harris in un discorso in North Carolina, descrivendole come «espedienti populisti». Come si può infatti definire diversamente un programma che promette che durante i primi 100 giorni di presidenza sarà introdotto «il primo divieto federale di aumento dei prezzi su cibo e generi alimentari, che stabilisce chiare “regole della strada” per chiarire che le grandi aziende non possono sfruttare ingiustamente i consumatori per accumulare profitti aziendali eccessivi su cibo e generi alimentari»? 

Sembra di sentir parlare il greco Tsipras dei tempi d’oro non un candidato alla presidenza della grande democrazia americana, perché se è vero che l’aumento dei prezzi è certamente il problema più sentito, non si può certo risolverlo dando la colpa all’untore, cioè alle aziende come il popolino si aspetta. Quali sono infatti queste «chiare regole della strada» o le soglie che determinano quando un prezzo o un livello di profitto diventano «eccessivi»? Si chiede il Washington Post. Il paragone che viene fuori è quello con la senatrice Elizabeth Warren, con la quale Kamala in passato ha collaborato, che in una proposta di legge di qualche anno fa indicava il divieto a qualsiasi «prezzo grossolanamente eccessivo» durante qualsiasi «interruzione atipica» di un mercato. Siamo di fronte cioè alla definizione più vaga possibile che autorizzerebbe la Federal Trade Commission ad applicare senza controllo qualsiasi metrica ritenga necessaria.

 

È difficile fare peggio di così, dice il quotidiano della capitale Usa, nella migliore delle ipotesi ciò porterebbe a carenze, mercati neri ed aumenti di prezzi senza controllo come successo in quei Paesi hanno cercato di limitarne la crescita per decreto. La “legge dei prezzi giusti” l’aveva chiamata una decina di anni fa il leader bolivarista venezuelano Maduro che come Kamala dichiarava guerra alle aziende, e sappiamo bene come è andata a finire. Non è un caso che un alro giornale americano di opposta posiione politica, l New York Post, abbia titolato proprio ieri “KAMUNISM”. "Anche aggiustato agli standard ruffiani dell'economia della campagna elettorale”, sostiene il Washington Post, «il discorso della signora Harris di venerdì si classifica come una delusione». 

Sia chiaro, non è che il prestigioso quotidiano con questo pezzo sia diventato improvvisamente conservatore, nell’articolo si mette anzi in evidenza che i consulenti economici di Harris «non sembrano familiari con ciò che sta accadendo ai prezzi dei generi alimentari, dove la battaglia contro l'inflazione è, che ci crediate, praticamente già stata vinta», dando così onore al merito al presidente uscente Biden.

E soprattutto si sottolinea che dall'altra parte arrivano «un sacco di sciocchezze economiche» con le quali Kamala non dovrebbe competere. Ma è difficile trovare una sciocchezza simile nel programma di Trump che peraltro in economia ha già dimostrato di non essere uno sprovveduto. I repubblicani piuttosto fanno notare che si sono altri punti molto discutibili nel programma economico della Harris. Si parla ad esempio di milioni di nuove unità abitative per soddisfare la domanda e 25mila dollari di aiuto in acconto alle famiglie che devono acquistare la casa per la prima volta, ma il consigliere economico di Trump, Stephen Moore, ha fatto notare come anche su questo punto la Harris sia populista in quanto non affronta le cause profonde del motivo per cui è così difficile per molti americani acquistare una casa.

 

«L'idea di dare alle persone più soldi per pagare il loro acconto è mettere un cerotto su un malato di cancro», ha detto Moore. «Il grosso problema è che le persone non possono permettersi le rate del mutuo perché sono molto più alte di quando Trump era presidente». Insomma alla vigilia dell’inizio della convention democratica sta venendo fuori che sotto l’apparenza di donna nera e inclusiva c’è ben poca sostanza e quella che c’è puzza di becero populismo sinistroide.
 

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