Onu, i rischi di avere l'Africa nel club dei 5 vip
Antonio Guterres, settantacinquenne portoghese, è il segretario generale delle Nazioni Unite: spesso su queste pagine lo critichiamo anche aspramente per certe sue dichiarazioni e per alcune scelte politiche. Lo criticheremo anche in questo articolo ma, prima di procedere, vorremmo dimostrargli un po’ di umana vicinanza: è comprensibile che uno che deve mediare fra le opposte esigenze di 193 Paesi, in gran parte dittature o aspiranti tali, alla fine se ne possa uscire con trovate balorde. Ieri, per esempio, l’ex premier socialista del Portogallo ha chiesto una riforma urgente del Consiglio di Sicurezza per superare la sua struttura attuale che non concede veri spazi decisionali all’Africa, realtà emergente come sa anche Giorgia Meloni che al Continente Nero dedica molta attenzione. In un intervento al Consiglio stesso, Guterres ha sottolineato che la composizione dell’organo incaricato di mantenere la pace e la sicurezza internazionali riflette un equilibrio ormai obsoleto: quello della fine della Seconda guerra mondiale.
Il Consiglio è composto dai rappresentanti di 15 Paesi, dieci a rotazione e cinque fissi: Stati Uniti, Russia, Gran Bretagna e Francia, vale a dire le potenze vincitrici della Seconda guerra mondiale, con in più la Cina (dal 1971 quando prese il posto di Taiwan). I cinque membri permanenti hanno il diritto di veto su tutte le decisioni del Consiglio. Questo assetto, secondo Guterres che non ha tutti i torti, mina la credibilità delle Nazioni Unite.
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«Nel 1945 la maggior parte dei Paesi africani era ancora sotto il dominio coloniale e non aveva voce in capitolo negli affari internazionali», ha dichiarato il Segretario generale. «Non possiamo accettare che il principale organismo di pace e sicurezza del mondo non abbia una voce permanente per un continente di oltre un miliardo di persone». Il rapporto Guterres, intitolato “New Agenda for a New World”, lanciato nel luglio dello scorso anno, costituirà la base per i negoziati sul cosiddetto Patto per il futuro, da adottare al Vertice Onu del mese prossimo.
La questione dell’equa rappresentanza è all’ordine del giorno da diversi anni. Giappone e Germania, secondo e terzo finanziatore delle casse Onu, da tempo brigano per ottenere un seggio fisso. Altri vedrebbero bene un seggio all’Unione europea - illudendosi che la Francia rinuncerà alla sua posizione di prestigio. E comunque il ragionamento del segretario generale colpisce: tra i membri permanenti c’è un Paese per l’America, uno per l’Asia, due per l’Europa e uno euroasiatico. Solo l’Africa non ha nulla. Bisogna quindi riparare all’ingiustizia? Certo, ma farlo oggi avrebbe delle conseguenze rovinose per la democrazia in tutto il pianeta.
Se nel secondo dopoguerra, come ricorda Guterres, l’Africa era schiava delle potenze coloniali europee, poi è passata attraverso la dipendenza economica dalle stesse potenze per approdare infine alla sottomissione alla Cina. Di recente anche la Russia sta occupando, con successi alterni, le zone di influenza lasciate libere dalla ritirata francese e dalle distrazioni americane. Ma non è solo questo il punto: all’inizio del nuovo millennio, al Continente Nero sembrava aprirsi un futuro di prosperità e democrazia. Erano i tempi della Terza Ondata di democratizzazione globale ma presto la corrente di risacca prese a travolgere le fragili istituzioni libere.
Secondo il Democracy Index 2023 dell’Economist, nell’Africa subsahariana c’è una sola democrazia propriamente detta, 6 realtà un po’ più problematiche, 15 “democrature” (che consentono qualche spazio di libertà) e 22 Stati autoritari. Conclusioni analoghe traeva il report “Freedom in the world 2021” (Freedom House): se nel 2005 gli Stati passati a regimi più democratici erano 31 in più di quelli che avevano compiuto il percorso inverso, nel 2022 erano le nuove dittature a superare di 45 unità i Paesi liberi. Tutto questo per dire che l’anima bella Guterres sta lavorando perché sia dato il massimo potere decisionale in sede Onu non solo al continente che con l’Asia è il più dittatoriale che ci sia ma che per di più è dipendente da Cina e Russia.
In fin dei conti non ci si dovrebbe stupire: l’anno scorso Times of Israel calcolò che il 70% dei Paesi membri del Consiglio Onu per i diritti umani erano dittature. È inevitabile sia così: l’Onu nasce sulle ceneri della Società delle Nazioni, un club di democrazie come aveva saggiamente pensato Immanuel Kant nel suo progetto di “Pace perpetua”. La Società fallì perché alcuni membri da liberi divennero tirannie. Cosa si fece per risolvere il problema? Si lasciarono entrare tutti i regimi dittatoriali a pari diritti con le democrazie. Se questa è la ratio, allora l’Africa avrà presto il suo seggio. E magari al posto di Guterres rivedremo qualcuno come il quarto segretario, Kurt Waldheim, ex militare del Terzo Reich.
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