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Luigi Pelazza, il Marocco rispedisce la Iena in Italia: "Non gradito", ecco perché

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A pochi giorni da Ferragosto, milioni di italiani sono già in vacanza nel nostro Paese o all'estero. E tra questi c'è anche la Iena Luigi Pelazza, giornalista autore di numerose inchieste su temi scottanti quali droga e prostituzione. Ma l'inviato del programma in onda sulle reti Mediaset si è visto interrompere il proprio soggiorno in Marocco anzitempo. "Il 1° agosto sono partito con la mia famiglia con il mio camper americano, abbiamo fatto Francia, Spagna e poi siamo arrivati a Tarifa vicino Gibilterra - ha raccontato a Repubblica -. Il 9 agosto abbiamo lasciato il camper in un campeggio sicuro e preso la nave che ogni ora parte per Tangeri”. Ma, una volta salito a bordo, ha avuto una spiacevole sorpresa: "Salgo sulla nave, facciamo il viaggio e all'arrivo, prima di scendere dalla nave la polizia ci chiede i passaporti, a me, la mia famiglia e a tutti - ha rivelato il giornalista -. Quando tocca a me, gli agenti si guardano e mi dicono che io non posso entrare”.

Il giornalista è rimasto colpito dalla risposta delle forze dell'ordine marocchine. E ben presto ha compreso il motivo dietro quel divieto. "Mi dicono che è per un problema che avevo avuto nel 2017 con la polizia di Marrakech - ha spiegato Pelazza -. Faccio mente locale e capisco che si trattava di un mio servizio per le Iene”. La Iena, infatti, aveva realizzato un servizio sulla prostituzione minorile in una piazza di Marrakech. E già ai tempi ebbe diversi problemi con le forze dell'ordine. Ma alla fine l'inchiesta riuscì. 

 

 

Pelazza ha dovuto lasciare moglie e figli in Marocco. Mentre lui è tornato a Tarifa. In un secondo momento, il giornalista ha contattato la Farnesina che lo ha messo in contatto con l'ambasciatore di Rabat. Allo stato attuale l'unico modo per entrare in Marocco consiste nello scrivere una "lettera di scuse a sua maestà il re per aver messo in cattiva luce l’immagine del Marocco. Lettera - ha poi aggiunto - che io farò rivendicando però il motivo per cui ero stato lì e spiegando che denunciare le cose che non vanno in un Paese non equivale a dichiararsi nemico di quel Paese”.

 

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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