Cortocircuito sulla parità: l'apartheid buonista delle carrozze rosa
Ci piacerebbe dire che le “carrozze rosa” rappresentano un formidabile aiuto per le donne, la risposta al pericolo di tante che viaggiano sole e non vogliono avere brutti incontri, la soluzione all’impietoso bollettino di violenze e stupri che la cronaca ogni giorno ci sbatte in faccia. Ci piacerebbe affermare che gli scompartimenti dedicati al genere femminile sui mezzi pubblici annulli per magia ogni timore di non tornare a casa sane e salve: avremmo risolto il problema. E forse è probabile che sui treni locali, su certe linee della metro o sul passante ferroviario che in orario notturno carica di tutto, le carrozze rosa abbiano un senso.
Ma sugli aerei a cosa servono? Se ne discute ora visto che la compagnia low cost indiana IndiGo, la terza più grande al mondo, ha annunciato la novità pubblicizzandola con una strategia di #Girlpower che, da donne, non può che trovarci d’accordo; ma quando il Ceo dell’azienda, Pieter Elbers, spiega che l’intento è «fornire un’esperienza impareggiabile a tutti i passeggeri», rimaniamo perplesse perché sai che divertimento viaggiare per ore in aereo tra sole donne. Più che great experience, una noia mortale se non si è tra amiche con cui spettegolare sul mondo.
Battute a parte, il tema è serio. E passa dalla parola magica di cui le anime belle del politicamente corretto si riempiono la bocca: inclusività. Peccato che distinguere tra posti per gli uomini e posti per le donne sia l’opposto. Alla fine ghettizza noi donne. Altro che inclusione. E poi se c’è un mezzo di trasporto nel quale i controlli ci sono prima di salire a bordo, è proprio l’aereo. Un presunto molestatore deve essere un fesso per mettersi a palpeggiare la vicina sperando di rimanere impunito.
Gran Bretagna, il disastro multiculturale sotto il velo del razzismo
Siamo più sicure a volare solo tra donne? Per la compagnia indiana sì, in Italia per ora si è parlato solo di “carrozze rosa” dei treni. In Lombardia l’anno scorso è stata perfino lanciata una petizione su Change.org, poi cassata. L’intento dei firmatari era imitare il Giappone dove, oltre al vagone di Hello Kitty, esistono metropolitane off limits per il maschio mano-morta. E ora è la volta degli aerei indiani. Un’idea che lascia perplessa Laura Ravetto, responsabile Pari Opportunità della Lega. «La sicurezza delle donne va garantita a prescindere», dichiara, «non certo aprendo le porte a forme anacronistiche di segregazione delle donne». Il timore della parlamentare è che dai vagoni separati si passi alle mogli divise da un recinto, come avviene in alcune religioni. È questo è un rischio. Come lo è il fatto che ragazze libere e adulte non possano volare serene, magari conversando con un giovanotto accanto.
La Khelif? Il Pd fa a pugni con le donne: Boldrini-Zan, ecco il peggio delle Olimpiadi