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Kamala Harris, il voto virtuale la incorona candidata. Ma esplode il "caso Shapiro"

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Inizia ufficialmente la campagna elettorale di Kamala Harris come candidata democratica alla Casa Bianca. La vicepresidente degli Stati Uniti, investita de facto dal presidente uscente Joe Biden dopo la sua clamorosa rinuncia a una manciata di mesi dal voto di novembre, ha infatti superato la soglia dei voti dei delegati necessari per aggiudicarsi la nomination come candidata dei democratici alle elezioni di novembre.

Lo ha annunciato il presidente del Comitato nazionale del partito, Jaime Harrison, dopo che nella giornata di ieri ha preso il via il processo di voto virtuale dei delegati. Le votazioni andranno avanti fino a lunedì, ma la vicepresidente è già oltre la soglia necessaria per confermare la sua corsa per la Casa Bianca.

 

 

 

La Harris ha già annunciato che accetterà formalmente la nomination al termine delle procedure. "Sono onorata: accetterò ufficialmente la nomination alla conclusione del processo di voto, la prossima settimana", scrive così su X la Harris. E aggiunge: "Questa campagna è fatta di persone che si uniscono, mosse dall'amore per il Paese". Ad attenderla, l'ex presidente e sfidante repubblicano Donald Trump.

 

 

 

"Sono già felice di sapere che abbiamo delegati a sufficienza per assicurarci la nomination e, a fine mese, ci riuniremo a Chicago, uniti come un unico partito, dove avremo occasione di celebrare insieme questo momento storico", ha detto Harris nella roll call virtuale, secondo le dichiarazioni rilanciate dalla Cnn

Intanto però si è già aperta la corsa alla vicepresidenza. La cancellazione improvvisa della partecipazione a una serie di eventi di raccolta fondi nello Stato di New York, ha fatto schizzare le quotazioni del governatore della Pennsylvania come possibile vice-Harris. Josh Shapiro, 51 anni, ex procuratore come Harris, è diventato uno dei favoriti per la scelta finale che verrà annunciata probabilmente lunedì, al termine della consultazione online tra tutti i delegati del Partito democratico. Il grande dubbio riguarda la religione di Shapiro: il governatore è ebreo e questo non viene visto bene dalla base democratica, scossa dalla guerra a Gaza e dalla politica aggressiva di Israele. Shapiro, in realtà, si è schierato duramente sia contro le proteste nei campus contro Israele sia contro lo stesso premier israeliano Benjamin Netanyahu, definito il "peggiore della storia".  

Se dovesse essere davvero lui il prescelto e a novembre il ticket democratico dovesse vincere, Shapiro diventerebbe il primo vicepresidente ebreo degli Stati Uniti nella storia. Ma questa candidatura potrebbe rappresentare anche un freno all'avanzata di Harris. Secondo The Hill, alcuni progressisti dell'ala sinistra del partito starebbero ancora lavorando per bloccarne la nomina. Il fatto di essere ebreo potrebbe precludere la vittoria democratica in uno Stato chiave come il Michigan, dove la presenza musulmana è molto forte. Non ci sarebbero, invece, problemi con gli altri candidati in corsa, dal senatore dell'Arizona Mark Kelly ai governatori del Minnesota Tim Walz e del Kentucky Andy Beshear. "Ogni potenziale nominato è pro-Israele - ha commentato il deputato democratico di New York Richie Torres - il motivo per cui Shapiro è trattato in modo differente? E' l'anti-semitismo". La religione del governatore, sostengono analisti vicini al Partito democratico, "non dovrebbe essere materia di discussione in un Paese moderno e democratico", ma politicamente la sua potenziale nomina è considerata "non saggia".
 

 

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