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Ismail Haniyeh, "chi può averlo tradito in Iran": indiscrezioni clamorose

Amedeo Ardenza
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Metti una sera a cena con Ali Khamenei, la Guida Suprema dell'Iran. L'ayatollah 85enne si è dimostrato prodigo di abbracci per Ismail Haniyeh, il gradito ospite palestinese, il leader sunnita che, a differenza del suo predecessore Khaled Meshaal, non si è fatto irretire né dalla primavera araba né dall'appartenenza etnica o confessionale.

I palestinesi sono sunniti, è vero, e Hamas è una declinazione gazawi della Fratellanza musulmana, leader mondiale dell'islam politico in chiave sunnita. La Repubblica islamica dell'Iran è invece retta dal clero sciita. Sciiti e sunniti sono in guerra da sempre per la primazia sulla umma, la comunità dei credenti islamici. I palestinesi, poi, sono arabi mentre gli iraniani sono persiani, azeri, curdi, luri, baluchi: insomma, le ragioni per rivaleggiare – se non per scannarsi – non mancherebbero.

 

 

 

NEMICI MA AMICI

E invece le ultime foto di Haniyeh lo ritraggono sorridente fra le braccia dell'anziano clerico dal turbante nero: un'alleanza nel segno del nemico comune: Israele. Di fatto, fra gli alleati di Teheran in Medio Oriente (sciiti gli Hezbollah in Libano, gli Huthi in Yemen, Kata'ib Hezbollah in Iraq e le Brigate Al Ashtar in Bahrein e, ancora, alawita il presidente-macellaio della Siria Bashar Assad) , i palestinesi di Hamas a Gaza e del Pij in Cisgiordania sono gli unici sunniti. Ma per alcuni cento di milioni di dollari all'anno si può chiudere un occhio. Haniyeh era a Teheran per i festeggiamenti legati all'avvio del mandato del nuovo presidente dell'Iran, il “moderato” Masoud Pezeshkian, intronizzato da Khamenei attorniato da un benedicente parterre di terroristi internazionali e odiatori dell'Occidente a vario titolo. Finite le cerimonie Haniyeh torna a casa, nella dimora messa a disposizione a Teheran dall'ospite sciita.

A differenza del capo di Hamas a Gaza, Yahya Sinwar, o del segretario generale di Hezbollah, lo sceicco Hassan Nasrallah, entrambi rintanati in bunker e tunnel per non farsi ammazzare dal Mossad, Haniyeh è uomo di mondo: vive in alberghi extralusso di Doha, viaggia ad Ankara e nelle altre capitali che gradiscono la sua presenza. E però e sempre circondato dalla sicurezza. Qualcosa però va storto. Un missile. Poi un altro. Forse due Spike NLOS, missili con gittata fino a 32 chilometri messi a punto dall'israeliana Rafael Advanced Defense Systems, colpiscono la sua abitazione nel nord della capitale iraniana uccidendo Haniyeh ei suoi gorilla. Qualcuno sapeva dove il capo di Hamas risiedesse e lo ha spifferrato a degli agenti israeliani. Vicini, si dice, vicinissimi.

Tanto che i missili sarebbero stati sparati da brevissima distanza. Gli iraniani non hanno alcun interesse a mettere a nudo le crepe del proprio sistema di sicurezza. Così la Fars si è limitata a scrivere che Haniyeh è stato «martirizzato da un competere via aria» mentre l'Irna ha condannato «l'azione codarda del regime sionista». Dalle voci ufficiali del regime non si può d'altronde attendere un'inchiesta sulla penetrazione dell'intelligence israeliana fra le sottane ignare degli ayatollah: l'eliminazione di Haniyeh non è però il risultato di uno sforzo una tantum ma fa seguito a una serie di omicidi mirati da parte del Mossad di esponenti del regime odi scienziati utilizzati dallo stesso per tentare di dotare Teheran dell'atomica.

RAID SUI PASDARAN

E non è nemmeno l'ultima, visto che nella serata di ieri è giunta notizia dell'uccisione di Ali Hajizadeh, generale e responsabile delle forze aeree iraniane, che sarebbe stato il bersaglio di un raid in Siria. Si tratta (o si trattava) del capo della Forza aerospaziale del Corpo delle Guardie della Rivoluzione islamica, l'aviazione dei Pasdaran.
Con l'eliminazione di Haniyeh gli iraniani oltre alla faccia perdono un alleato di ferro: Hamas è adesso chiamata a darsi un nuovo capo dell'ufficio politico e Teheran teme che la scelta posso cadere proprio su quel Meshaal che dodici anni fa mise in discussione la leadership in Siria di Bashar Assad per la sua mano pesantissima – centinaia di migliaia di morti e altrettanti profughi – nel reprimere la primavera araba sunnita. Secondo il Jerusalem Post, al 68enne Meshaal, gli ayatollah preferirebbero il 63enne Khalil al-Hayya dell'ufficio politico del movimento terroristico palestinese, di stanza in Qatar. Il tempo a disposizione per la scelta non è molto. Fino al prossimo omicidio mirato.

 

 

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