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Israele-Libano, a un passo dalla guerra: l'ultimo tentativo degli Usa per evitare l'escalation

Roberto Tortora
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Primo e unico obiettivo: evitare una nuova escalation di violenza che potrebbe ingigantire un conflitto già di per sé complicato. È la via che gli Stati Uniti tentano di percorrere, per scongiurare una nuova guerra tra Israele e il Libano. La tensione è inevitabilmente alta, dopo che un razzo Falaq di fabbricazione iraniana è caduto nelle alture del Golan, uccidendo in un campo di calcio ben 12 bambini. Benjamin Netanyahu, in visita insieme al capo dello Shin Bet, Ronen Bar, sul luogo del delitto nella città di Majdal Shams, è stato chiaro, anche se parte della comunità gli ha urlato contro, gli ha intimato di andarsene e contesta il governo israeliano: “La risposta arriverà e sarà dura”.

Un portavoce del ministero degli Esteri dell’Iran ha già risposto per le rime a Netanyahu: “Israele sarà responsabile delle conseguenze e delle reazioni impreviste a questi comportamenti stupidi”. Il pericolo è una nuova Damasco, quando l’ambasciata iraniana fu colpita con oltre 300 tra missili e droni. Sia l’inviato americano, Amos Hochstein sia i funzionari francesi restano in contatto con ambo le parti, prova invece a smorzare i toni il premier libanese ad interim, Najib Miqati: “La soluzione risiede nel raggiungimento di un cessate il fuoco globale e nella piena attuazione delal risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza dell’Onu”. In pratica, si intima a Hezbollah di ripiegare a nord del fiume Litani. Stessa linea mantenuta da Washington ed il consigliere per la Sicurezza nazionale, John Kirby, spiega: “Siamo in trattative continue con le nostre controparti israeliane e libanese e gli Stati Uniti continueranno a sostenere gli sforzi per raggiungere una soluzione diplomatica”.

 

In questo contesto, già di per sé teso, s’inserisce poi anche Erdogan dalla Turchia che domenica, nel corso di un incontro del suo partito, ha evocato la possibilità di entrare in Israele “proprio come nel Nagorno Karabakh e in Libia”. Il ministro degli esteri israeliano, Israel Katz, gli ha rivolto un esempio poco simpatico: “Erdogan sta seguendo la strada di Saddam Hussein e dovrebbe solo ricordare come è finita lì”. Non è bastato, perché ha controreplicato anche il ministero degli Esteri turco sui social: “Proprio come il genocida Hitler ha incontrato la sua fine, così lo farà il genocida Netanyahu”. Insomma, la tensione ribolle forte a est del Mediterrano, mentre a Gaza il bilancio dei morti ha superato i 39.300 ed il rimpallo di accuse con Israele è costante: “Israele non ha cambiato né aggiunto alcuna condizione nello schema. Al contrario, fino a questo momento, Hamas è quello che ha chiesto 29 modifiche e non ha risposto allo schema originale”.

 

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