Parigi 2024, il dramma olimpico di Macron: Senna, inni e atleti in fuga
Come la Roma dem di Gualtieri: mancano solo i cinghiali e i nuovi cestini costati milioni, i “Cestò”, che però sono da riprogettare perché sono stati fatti per i gabbiani: può capitare. C’è una cosa, una, che stia funzionando ai Giochi di Macron? Tra provocazioni Lgbt, gaffe e disorganizzazione generale, più che la tanto decantata rassegna green – il Verde Bonelli meritava almeno il ruolo da tedoforo, altra macchia – sembra un film di Fantozzi, e viene in mente lo sfigatissimo ragioniere, pantaloncini ascellari e canotta, costretto a partecipare con la squadra dell’“Ufficio Sinistri” alle Olimpiadi della Megaditta. In gara, tra gli altri, l’“Ufficio bustarelle e raccomandazioni” e l’ufficio “Furti e rapine”. Veniamo alle Olimpiadi di Parigi.
ACQUE TORBIDE
L’ultima sfiga a cinque cerchi, ma non ci voleva il Divino Otelma per prevederla, è che l’acqua della Senna dopo la pioggia degli ultimi giorni è tornata della qualità dei pasti serviti al villaggio olimpico (ci arriviamo) e dunque è stato annullato l’allenamento degli atleti del triathlon. Gli organizzatori hanno comunicato che «la priorità è la salute dei partecipanti» – è una notizia – e si dicono «fiduciosi» perché non dovrebbe più piovere.
Si affidano alla danza della siccità. Il problema (non della siccità) era arcinoto, tanto che a metà luglio il sindaco di Parigi, Anne Hidalgo, nel disperato tentativo di smorzare le polemiche aveva indossato la muta e si era tuffata nel fiume. Ora la nuova raffica di liquami non trattati riscontrati nell’acqua sconsiglia ulteriori imprese.
Cosa succede se l’acqua resta così? Dal triathlon verrebbe tolto il nuoto, rimarrebbero corsa e ciclismo, e quindi diventerebbe un biathlon. C’è anche la grana del nuoto di fondo, in programma sempre nella Senna, e gli atleti sono di nuovo imbufaliti. Gregorio Paltrinieri deve fare la 10 chilometri per difendere e possibilmente migliorare il bronzo di Tokyo: «Siamo preoccupati», sbotta, «non puoi organizzare una gara così importante in un posto che non hai mai testato, ma sono quasi sicuro che la faranno lì perché hanno investito troppo. Mi sembra un po’ una presa in giro».
CUCINA E ALLOGGI
Al villaggio olimpico, dicevamo, non si deve mangiare benissimo se perfino la delegazione britannica ha chiamato d’urgenza dei cuochi dalla madre patria. Agli inglesi – non proprio la casa della buona cucina – andrebbe assegnata d’ufficio una medaglia solo perché hanno trovato il coraggio, ma a quanto pare a ragione, di lamentarsi della «scarsa varietà del cibo» e della «carne servita cruda». Due giorni di tempo e decine di atleti sono andati a sfamarsi altrove.
Alcuni hanno impiegato un po’ di più perché l’ascensore non funzionava, e vabbè, non si può avere tutto. E ci pare pretenzioso anche il nuotatore Nicolò Martinenghi: «Per mangiare ho impiegato un’ora e mezza. Lo spazio è grande, ma il banco non è enorme, se vuoi, chessò, uno spiedino di carne devi aspettare venticinque minuti. Poi ha piovuto tanto, e mezzo villaggio ha le piastrelle delle camere alzate».
L’importante è che l’altra metà sia ben incollata al pavimento.
CAMERE DA INCUBO
Al villaggio, almeno, si dorme bene? Una meraviglia, su letti di cartone e materassi di plastica riciclata, ultima eco-follia ambientalista. No, un attimo, penultima, perché al grido di “emissioni zero” – faceva meno paura l’urlo di battaglia del gallo Vercingetorige – nelle stanze è stata tolta l’aria condizionata, il che ha costretto quasi tutte le delegazioni a dotarsi di “pinguini” portatili non tanto per arrivare freschi alle gare, ma per arrivarci vivi.
SCAMBIO DI NAZIONI
In due giorni di gare si sono rischiate altrettante guerre civili, pardon solo una, l’altra è in corso da tempo. Per l’esordio olimpico del Sud Sudan, nel pre-partita contro Porto Rico (siamo al basket), hanno suonato l’inno del Sudan, da cui il Paese si è separato nel 2011 dopo un sanguinoso referendum. Parte la musica, i giocatori sudsudanesi si guardano sbigottiti e lasciano il centro del campo. Poi la situazione rientra, soprattutto grazie agli spettatori che fanno coraggio alla squadra applaudendo, il Sud Sudan compie l’impresa e vince. Altra esibizione tragicomica: gli organizzatori durante la cerimonia inaugurale hanno scambiato due volte la Corea del Sud per quella del Nord.
MEDIORIENTE
È scoppiata pure la grana dei rapporti tra Israele e Palestina, e anche questa invero non era difficile da prevedere. Il presidente del Comitato olimpico palestinese, Jibril Rajoub, ieri ha dichiarato che gli atleti palestinesi stringeranno la mano agli israeliani solo se questi riconosceranno «l’esistenza del popolo palestinese» e «il nostro diritto a uno Stato indipendente». «Non stringerò la mano a chi non lo farà, è una questione di principio».
Poi il finale per stemperare la tensione: «La palla è nel loro campo. Non chiedete alle vittime, chiedete ai criminali». C’è il precedente della federazione internazionale di scherma che prima aveva squalificato l’ucraina Olga Kharlan, ai Mondiali di Milano, per non aver stretto la mano alla russa Anna Smirnova, ma poi la sanzione è stata cancellata.
IN PANNE
Capitolo trasporti, treni sabotati a parte. Il bus della squadra canadese di skateboard si è rotto nel centro di Parigi e gli atleti per raggiungere la meta hanno inforcato gli strumenti di lavoro. Ah, “La Concorde”, il parco urbano della capitale in cui hanno sede le gare di skate, in questi primi giorni è stato giudicato impraticabile.
RISCHIO FEBBRE
Torniamo alla cerimonia inaugurale, che anche il ginnasta Nicola Bartolini non ha apprezzato molto: «Non mi è piaciuta, mi hanno detto che anche da fuori non è stata un granché. Ho sempre visto la sfilata nello stadio, con occhi innamorati.
Invece la magia si è rotta e c’è stato il grande rischio che sotto la pioggia qualcuno si potesse ammalare, vanificando l’impegno di tre anni di lavoro». Per il resto, Napoleon Macron, è un trionfo.
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