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Trump, macché putiniano! Incontra Johnson e prepara la strategia per fermare la guerra e Mosca

Giovanni Sallusti
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Eccoli lì, un selfie spettinato a scompaginare le certezze fin troppo pettinate del mainstream: Donald Trump e Boris Johnson. L’ex primo ministro britannico si è recato in missione alla convention repubblicana di Milwaukee, dove ha anche tenuto un discorso. Ma la ciccia geopolitica è tutta lì, in quelle poche righe con cui ha accompagnato lo scatto amicale: «È un piacere incontrare il presidente Trump che è in ottima forma dopo il vergognoso attentato alla sua vita. Abbiamo discusso dell’Ucraina e non ho dubbi che sarà forte e deciso nel sostenere quel Paese e difendere la democrazia».

Traduzione: Trump non è la sua caricatura diffusa nella pubblicistica italica (ed europea), non è una grottesca propaggine in terra americana dell’imperialismo putiniano. Al contrario, difenderà la democrazia aggredita (postilla a beneficio dei luogocomunisti: trascinare una guerra di logoramento non è l’unico modo per difenderla, anzi). È semplicemente impossibile, per basilari regole diplomatiche, che The Donald non condivida tono e forse anche dettagli della comunicazione.

 

 

 

LA REALTÀ DEI FATTI

Del resto, può stupirsi solo chi si ostina a sguazzare nel proprio pregiudizio ideologico anche dopo il tentato omicidio del candidato del Gop, spartiacque che dovrebbe imporre a tutti un minimo di onestà intellettuale. La fola di un Trump sodale (se non addirittura burattino) di Putin, tuttora ripetuta nei talk show dagli inviati dalla propria terrazza di Manhattan, si infrange sul principale parametro oggettivo che abbiamo per misurare le politiche del tycoon: i quattro anni già trascorsi alla Casa Bianca. Gli unici in cui lo Zar non ha aggredito un Paese confinante, messo a segno una conquista territoriale, mosso un carro armato. Lo ha detto anche l’ex rivale alle primarie, Nikki Haley, nel suo intervento alla convention: «Quando Barack Obama era presidente, Vladimir Putin ha invaso la Crimea. Con Joe Biden presidente, Putin ha invaso tutta l’Ucraina. Ma quando Donald Trump era presidente, Putin non ha fatto nulla. Non è stato un caso. Un presidente forte non inizia le guerre. Un presidente forte le impedisce».

È la sintesi dell’approccio trumpiano alla politica internazionale, che riprende il pragmatismo persuasivo di Theodore Roosevelt: «Parla gentilmente, ma sempre imbracciando un nodoso bastone». Il nodoso bastone è l’impareggiabile potenza militare americana, che evidentemente The Donald agita in modo efficace, visto che con lui comandante in capo del mondo libero non solo Putin, ma tutte le canaglie globali se ne sono state prudentemente rintanate (Iran compreso, e non a caso l’intelligence Usa pensa che gli ayatollah gradirebbero sbarazzarsi dell’ex presidente prima che ritorni). È quello che Trump intendeva quando, col linguaggio iperbolico che gli è proprio, a un incontro coi finanziatori repubblicani disse che avrebbe «bombardato Mosca» in caso di aggressione dell’Ucraina sotto la sua presidenza. Non è voglia improvvisa di Terza Guerra Mondiale, è l’opposto: è il nodoso bastone, è l’ostentazione della potenza che inibisce a priori, è deterrenza.

 

 

 

LA STRATEGIA

È quello che Joe Biden non ha saputo fare (anzi, la rovinosa ritirata dall’Afghanistan ha rappresentato il tracollo della deterrenza). Andando anzitutto contro gli interessi vitali dell’America. Che sono quelli descritti dal senatore JD Vance appena ufficializzato come candidato vicepresidente: «Negoziare un accordo per porre fine rapidamente alla guerra ucraina» in modo che «l’America si possa concentrare sul vero problema: la Cina». Queste dichiarazioni non sono affatto in contraddizione con quelle di Johnson. Anzitutto per logica elementare: la Cina è il vertice dell’asse delle autocrazie, di cui la Russia si è ridotta a junior partner, insieme tra l’altro a Iran e Siria.

Trump ha sempre indicato nel Dragone comunista l’avversario principe del nuovo millennio, ha contrastato strenuamente la teocrazia totalitaria di Teheran (tra l’altro boicottando il folle programma di sviluppo nucleare ed eliminando con un missile il generale Soleimani), ha contenuto il macellaio Assad (tra l’altro bombardando i siti delle armi chimiche del regime quando questo varcò la “linea rossa” sul loro utilizzo, a differenza di Obama). Perché diavolo dovrebbe fare un’eccezione benevola per la Russia? Infatti, non la fa: semplicemente, vuole tutelare l’Ucraina con un accordo (come suggeriva anche un certo Kissinger, non esattamente un russofilo) per non sovra-esporsi in Europa e fare il gioco di chi pone la sfida esistenziale all’Occidente, la Cina. La nostra sinistra e i nostri giornaloni continuano a chiamare tutto ciò “putinismo”. A Pechino sono davvero entusiasti: hanno una miriade di addetti stampa gratis.

 

 

 

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