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"Vance peggio di Trump!", a 24 ore dalla scelta la criminalizzazione è già iniziata

Andrea Morigi
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È partita ufficialmente la campagna di diffamazione contro JD Vance. A parte il fatto che è maschio, bianco (anzi, caucasian), eterosessuale (anzi, binario) e perfino cattolico (quindi fondamentalista?), al vice di Donald Trump si attribuisce anche una colpa ancora tutta da verificare: avrebbe paragonato il candidato repubblicano alla Casa Bianca nientemeno che al Führer.

DIETRO UNO SCHERMO
Siccome, dopo l’attentato di sabato, ai detrattori del tycoon pare si sia improvvisamente esaurito il serbatoio delle espressioni di odio, non rimaneva che la demonizzazione per interposta persona. L’operazione consiste nell’attribuire al suo braccio destro tutte le contumelie che non hanno più il coraggio di pronunciare in prima persona.

 

 

 

La prima invettiva che hanno trovato è funzionale a proseguire la più classica ed efficace delle demonizzazioni: reductio ad Hitlerum. Se si dipinge l’avversario come un soggetto in camicia bruna, con svastica al braccio, si riesce a giustificare ogni azione nei suoi confronti. Ma per evitare di essere poi ritenuti mandanti di un eventuale assassinio, è meglio nascondersi dietro l’ombra di qualcun altro.

In questo caso, è anche meno di un’ombra: è un’immagine virtuale. Tutto quel che il Washington Post è riuscito a scovare è una schermata, mostrata molti anni fa durante una trasmissione televisiva da un ex compagno di stanza di JD Vance quando frequentava i corsi di giurisprudenza. La Reuters riprende la notizia, che a quel punto fa il giro del mondo come se si trattasse di oro colato: in un messaggio di posta elettronica, privato, l’attuale aspirante alla vicepresidenza degli Stati Uniti d’America avrebbe confidato la sua personale opinione, secondo la quale colui che lo ha scelto, cioè l’attuale aspirante alla presidenza, sta all’America come Hitler stava alla Germania negli anni 1930 e che i suoi elettori sono degli idioti. Senza citare le espressioni più volgari.

 

 

Ebbene, nessuno dispone materialmente di quel testo,che potrebbe essere stato contraffatto. Sono frasi riferite, ma delle quali manca l’evidenza. E stupisce che agenzie di stampa note per controllare ogni dettaglio di quanto pubblicano si lascino trasportare dalla passione politica senza risalire direttamente alla fonte e senza procurarsi documentazione sufficiente a provarlo.

Benvenuti nella sfera della disinformazione, del processo politico sommario. Quel che finora si dava per scontato, nei grandi mezzi d’informazione, era l’autorevolezza. Quel che dicevano i giornali e le tv era considerato indiscutibile. Era la tradizione anglosassone, a cui si dovevano le rivelazioni del Watergate. Ora non è più così.

L’unica verità è che nel 2016 Vance era un conservatore critico nei confronti della nuova leadership del Grand Old Party. «Non mi nascondo. Ero certamente scettico nei confronti di Donald Trump nel 2016, ma il presidente Trump è stato un gran presidente, e ho cambiato opinione. Ci ha portato pace e prosperità», ha affermato ieri il senatore repubblicano dell’Ohio. Ci era cascato anche lui: «Mi sono bevuto le menzogne e le distorsioni dei media», ha ammesso. Come lui, possono fare altri.

L’ULTIMA CARTA
«Ho creduto a quest’idea che (Trump) fosse in qualche modo differente, una terribile minaccia per la democrazia», ha detto il senatore, sostenendo però che il suo scetticismo passato potrebbe contribuire a conquistare parte dell’elettorato statunitense più scettico in vista delle elezioni di novembre. «Ho detto alcune brutte cose su Donald Trump dieci anni fa. Posso sostenere di fronte ai cittadini americani, persone che magari erano scettiche nei confronti del presidente nel 2016, e che potrebbero esserlo ancora, che abbiamo visto risultati concreti».

Secondo la Cnn, però, i Democratici vedono in Vance la possibilità di indebolire la campagna di Trump evitando ulteriori attacchi personali nei confronti di quest'ultimo. I Democratici - scrive la Cnn - «credono che Vance offra opportunità significative» evidenziando le posizioni del senatore sull’aborto, le sue passate critiche a Trump, e dipingendolo come il suo clone politico». Non hanno più altre carte da giocare.

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