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Donald Trump, l'ex consulente di Reagan: "Non ho più dubbi, vincerà lui"

Francesco Carella
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«Nutrivo pochi dubbi circa il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, ma dopo l’attentato dei giorni scorsi sono scomparsi del tutto. Sono anche convinto che gli americani incerti fino a poche ore fa, ora avranno già sciolto ogni dubbio». Parola di Gary J. Schmitt. Analista politico di lunga e consolidata esperienza, il professore - già giovanissimo consulente dell’ex presidente Ronald Reagan – analizza con realismo dal suo studio presso l’American Enterprise Institute gli avvenimenti politici delle ultime settimane per capire che cosa potrebbe accadere di qui al 5 novembre prossimo, quando si voterà per eleggere il nuovo presidente. Il professore non sembra particolarmente colpito da quel che è successo in Pennsylvania durante un comizio del tycoon. Con voce pacata ci dice: «I soliti dietrologi sono alla ricerca di una chiave che chiarisca chi abbia ordito l’attentato, ma nulla di tutto ciò mi sembra che si avvicini alla verità. Purtroppo, la considerazione da fare è che la facilità con cui negli Stati Uniti sia possibile acquistare armi anche di grande precisione e potenza è un gioco da ragazzi. Una situazione storica estremamente pericolosa. La qual cosa mi porta a mettere insieme “il grilletto facile” al clima politico che l’America sta vivendo segnato da fortissime passioni partigiane il più delle volte non controllabili. Di qui, l’incertezza dei prossimi mesi con la necessità di rafforzare la vigilanza a tutti i livelli».

Donald Trump di nuovo numero uno alla Casa Bianca. In molti temono grandi cambiamenti soprattutto a livello internazionale.
«Appartengo a una scuola di pensiero attenta alle cose reali. Sono, pertanto, piuttosto scettico nel dare valore ai discorsi elettorali o alla stessa propaganda. Molti in Europa pensano che il tycoon ridimensionerà i rapporti sia con i Paesi del Vecchio Continente che con la stessa Nato. A tal proposito, mi permetto di coltivare molti dubbi. Il sistema delle alleanze sorto all’indomani del Secondo conflitto mondiale è qualcosa di consolidato. Anche il più incauto dei leader sa che non si possono ridimensionare relazioni risultate efficaci in molti passaggi storici».

Adesso apriamo il capitolo Joe Biden. Che cosa dobbiamo aspettarci?
«La mia convinzione è che il Presidente, soprattutto per il bene degli Stati Uniti, ma anche per il suo stesso stato di salute, dovrebbe fare un passo indietro. Il che permetterebbe al Paese di potere compiere una vera scelta. Del resto, considerando le sue condizioni precarie anche qualora volesse continuare fino al 5 novembre e dovesse essere rieletto, sono convinto che potrebbe contare solo su una possibilità su quattro di giungere alla conclusione del mandato».

Torniamo a Trump. In Europa alcuni osservatori continuano a parlarne come se fosse un fenomeno da baraccone.
«Capisco che dall’osservatorio europeo molte cose americane possano sfuggire. In primo luogo, penso che al di là dell’Oceano negli ultimi anni non si sia riflettuto abbastanza circa la profonda divisione che da alcuni decenni attraversa, lacerandola, la vita culturale, sociale e valoriale degli Stati Uniti. Tutto questo si ripercuote sul terreno politico marcando in modo quasi parossistico le differenze fra Rossi e Blu (Repubblicani e Democratici, ndr). Trump si rivolge all’America profonda, disorientata e in sofferenza perla crisi in cui sono entrati i vecchi sistemi di valori. Vi è una grossa parte di Paese che inorridisce di fronte ad alcune teorie considerate politicamente corrette dai Democratici».

A suo avviso potranno esserci sorprese sul terreno globale ?
«Il tycoon non è un uomo politico che pensa in termini strategici, ma è perfettamente consapevole che l’ordine globale dipenda da un certo grado di affidabilità da parte dell’amministrazione americana. Penso che valuterà secondo realismo il caso Ucraina, ma anche quanto sta accadendo in Medio Oriente».

Regione in cui il punto caldo e di maggiore incertezza è rappresentato dall’Iran.
«Donald Trump sa bene che gli iraniani, pur utilizzando toni aggressivi, hanno piena consapevolezza di non avere le forze per misurarsi con apparati militari come quello degli Stati Uniti».

Un’ultima domanda. Al di là dello stato di salute, quali sono stati gli errori commessi da Joe Biden durante il suo mandato?
«Biden è stato vittima delle sue ambizioni. Era convinto di avere la forza e la capacità per riuscire a realizzare grandi progetti nell’illusione di passare alla storia come un secondo Franklin Delano Roosevelt. Tutto ciò lo ha portato a compiere scelte politiche molto più progressiste rispetto a quelle che la classe media americana potesse accettare. Di qui il disamore nei suoi confronti».

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