Paolo Mieli e Trump: "Perché l'Occidente è sotto scacco"
L'attentato a Donald Trump ha segnato un vero e proprio spartiacque nella campagna elettorale per la corsa alla presidenza degli Stati Uniti. Più del dibattito televisivo con Joe Biden, più delle innumerevoli gaffe del presidente dem.
Un'azione violenta e inaspettata, che probabilmente inciderà moltissimo nella scelta degli elettori alle urne. Secondo Paolo Mieli, editorialista del Corriere della Sera, l'America - e quindi l'Occidente tout court - è stata a un passo dalla guerra civile. A un centimetro, per la precisione. Se la pallottola avesse centrato in pieno The Donald gli States sarebbero piombati nel caos. "Da un anno l'Occidente sprovvisto di leader è sotto scacco di Cina, Russia e Iran - scrive Mieli - che fanno proseliti a man bassa nel cosiddetto Sud del mondo. Abbiamo nominato per prima la Cina perché è con il Paese guidato da Xi Jinping che si arriverà alla sfida finale. Pechino dà le carte, acquista intere aree economiche in ogni parte del globo, accende la luce verde alle guerre da cui pensa di poter trarre convenienza".
L'analisi geopolitica di Mieli si concentra poi sul conflitto in Ucraina. Secondo il giornalista, l'Ue ha saputo destreggiarsi di fronte all'aggressione a Kiev della Russia di Putin. "L’Europa ha dimostrato in margine alla vicenda ucraina di che pasta è fatta. Qualche buona sorpresa è venuta dai Paesi confinanti con la Russia - spiega Mieli -, c’è stata una sostanziale tenuta della Gran Bretagna, in parte della Germania e, imprevedibilmente, dell’Italia (ma solo fino a qualche giorno fa). Per il resto chiacchiere - aggiunge -, rinvii e scarsa disponibilità a spendere in nuove armi. Completato il tutto da corali invocazioni alla pace (cioè, alla resa) accolte da Putin con benevolenza e talvolta qualche cenno di derisione".
I detrattori di Donald Trump lo hanno sempre considerato alla stregua di una marionetta di Vladimir Putin. Ma, secondo Mieli, l'assassinio di The Donald avrebbe solo fatto gioire i nemici degli Stati Uniti. "A Mosca, Pechino e Teheran una guerra civile che travolga gli Stati Uniti conviene in ogni caso assai più dell’imprevedibilità di Trump - sottolinea il giornalista -. Con questo sia chiaro non intendiamo insinuare che quei tre Paesi o altre entità a loro collegate abbiano avuto niente a che spartire con l’attentato al Butler in Pennsylvania. Vogliamo solo dire che, se il colpo di Crooks fosse andato a segno, Cina, Russia e Iran avrebbero avuto di che gioirne. Può darsi - conclude - che un bel caos a Washington ai loro occhi sia preferibile anche a The Donald".
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